Le signore non sono prosciutti in vendita
L'emancipazione femminile in Italia è naufragata nel ribollire di un Paese precipitato all'ultimo posto nelle classifiche civili e sociali. Lo afferma, cifre alla mano, la giornalista e scrittrice Caterina Soffici autrice di: «Ma le donne no. Come si vive nel Paese più maschilista d'Europa», Feltrinelli, 14 euro, 200 pagine. «L'Italia - spiega l'autrice - alle donne che lavorano dà meno aiuto e occasioni del Botswana e dell'Ecuador, le relega a ruoli mortificanti e soprattutto non sa sfruttare le loro capacità creative e produttive». La colpa è (manco a dirlo) degli uomini, ma anche un po' delle donne che non combattono con la dovuta energia. Ma non bisogna disperare. Caterina Soffici vede possibilità di miglioramento (poche) e avanza alcune proposte: tra queste la proibizione delle immagini pubblicitarie che sfruttano ingiustificatamente il corpo femminile. «Non siamo mica prosciutti in vendita». L'autrice ha presentato il suo saggio ieri a Roma, alla libreria Feltrinelli della Galleria Alberto Sordi, davanti a una platea di signore accigliate che ascoltavano annuendo e guardando malissimo i pochi, terrorizzati, uomini presenti. Alla Soffici ha dato man forte l'amica e collega Maria Laura Rodotà. Luca Telese, che aveva annunciato la presenza, invece non si è fatto vedere. Nel suo libro, che nasce dalla selezione e dallo studio di un'ampia raccolta di ritagli di giornale sulla condizione femminile in Italia, la Soffici documenta l'arretratezza del nostro Paese che, dopo gli schioppettii e i fuochi d'artificio degli anni Settanta, è piombato nel più buio medioevo. «Mi sono accorta - ha detto - che le condizioni della donna erano peggiorate progressivamente. Oggi si danno per scontate delle cose che scontate non sono, come che l'Italia, in questo campo, non è un Paese del Terzo Mondo. Invece stiamo peggio dei Paesi africani. Volevo raccontare questa storia - ha proseguito - e ho scelto la strada del confronto con gli altri Paesi». È (pacatamente) arrabbiata Caterina Soffici e ne ha motivo. Come quando ricorda che fino all'81 in Italia era in vigore il «delitto d'onore», per il quale un marito che uccideva la moglie e il suo amante veniva condannato a tre anni di prigione. Se l'omicida era la donna l'ergastolo era assicurato. E si arriva fino ad oggi: da noi tutte le ragazze vogliono fare le veline, mentre in Germania c'è un ministro (naturalmente donna) con sette figli che dà fondi alle mamme perché possano fare carriera. La Soffici se la prende con Flavia Vento, Sara Tommasi, Barbara Matera, Stefania Prestigiacomo e Mara Carfagna. Sembra però che il suo sdegno punti contro una singola e precisa parte politica. Tra le proposte per migliorare la situazione: quote rosa obbligatorie ovunque; permessi di paternità obbligatori per i padri; ergastolo per gli stupratori.