Il festival va forte
A sorpresa, il regista Roberto Faenza torna a parlare del Festival del Film di Roma e lo fa lodandone i risultati degli ultimi anni. «Il festival di Roma dopo le prime titubanze e i dubbi iniziali mi pare stia dando ultimamente buoni risultati. Che senso avrebbe ora spostare la sua sede? Quella dell'Auditorium mi sembra perfetta. Non sanno di cosa parlano. Bisognerebbe togliere la cultura dalle mani della politica e far lavorare di più anche i giovani». Faenza, ieri alla Casa del Cinema per presentare il corto «Giganti» di Fabio Mollo, pluripremiato in vari festival e vincitore del progetto Cinemaster Studio Universal 2009, ha poi puntato il dito contro i troppi festival italiani e contro la tv pubblica, «che dovrebbe promuovere la creatività dei giovani almeno su un canale. «Ogni anno si producono 4 mila 5 mila corti, un'importante industria e una palestra per giovani talenti, che sono autori senza terra e le loro opere vengono viste solo nei festival. Grazie all'Osservatorio Cinema creato a La Sapienza, fino al 2009 abbiamo censito l'esistenza di 854 festival in Italia, senza contare le tante scuole di cinema, alcune pronte ad illudere i 70 mila studenti che gravitano nel circuito cinematografico», ha concluso il regista che presto comincerà le riprese in Usa del suo nuovo film, «Un giorno questo dolore ti sarà utile», tratto dal romanzo di Peter Cameron. E tra la miriade di festival (inutili) che gravitano ormai in ogni paese (se non in ogni quartiere) d'Italia quello di Roma è certamente uno dei pochissimi che funzioni. E bene. I dati parlano chiaro riguardo alla crescita di qualità di film e quantità di pubblico negli ultimi due anni, proprio quelli segnati dalla presidenza di Gian Luigi Rondi. Basterebbe ricordare l'Oscar vinto da «Man on Wire» (2009) come Miglior documentario. Il film presentato al Festival di Roma 2008 nella sezione «L'altro Cinema Extra», curata da Mario Sesti, racconta la storia di Philippe Petit, acrobata arrestato per aver camminato nel 1974 in equilibrio su un filo legato alle estremità di due torri al centro di New York. Senza tralasciare l'Orso d'oro a Berlino per «The milk of Sorrow» di Claudia Llosa, coprodotto nell'ambito della Fabbrica dei Progetti New Cinema Network, con la quale il festival di Roma sostiene i film indipendenti. Mentre nel 2010, oltre all'Oscar per «The Cove» di Louie Psihoyos, già presentato al festival capitolino, sono state 15 le nomination dell'Academy a 3 dei film già anteprime della kermesse romana: «Up in the air» di Reitman, «The last station» di Michael Hoffman e «A serious man» dei fratelli Coen. I dati sono tutti in salita anche per ciò che concerne il totale dei biglietti emessi, gli incassi, gli accreditati, i visitatori, le scuole coinvolte tra Roma e provincia, la nazionalità dei film e il numero delle pellicole al Mercato. Allora, le polemiche sono davvero inutili e come direbbe De Niro (Al Capone) ne «Gli Intoccabili»: «There are only chatting and badge» (sono solo chiacchiere e distintivi).