Oscar: torna il 7°Cavalleria e vince l'America di Bush
Sono passati sei anni da «Fahrenheit 9/11», il film-denuncia di Michael Moore contro la guerra in Iraq. E si vede. L'America è cambiata e l'altra sera alla notte degli Oscar ha trionfato «The Hurt Locker», un film che guarda alla guerra in Iraq, e all'amministrazione Bush, con un altro occhio. Dopo che i «politicanti-corretti» hanno pontificato contro il guerrafondaio George W. (e il suo amico Blair), dopo che, per anni, opinionisti in poltrona hanno rotto le scatole su tutto quello che non si doveva fare, oggi gli eventi hanno preso un'altra piega. Bush è tornato ad essere un privato cittadino e nella Sala ovale siede Barack Obama, ma le cose non sono migliorate... anzi. E gli americani se ne sono accorti. Dopo la tanto contestata guerra, in Iraq si sono svolte elezioni politiche democratiche e il sacrificio di tanti militari (non solo americani, non scordiamo mai Nassirya) appare, finalmente, per quello che è: un gesto nobile e altruista. Al contrario la politica di Obama ha ottenuto solo di far alzare i toni delle minacce dell'Iran al resto del mondo. E qualcuno, negli Usa, comincia a domandarsi se non sia il caso di andare a insegnare anche lì il manuale delle buone maniere. «The Hurt Locker» si è portato a casa sei statuette, stendendo il favoritissimo «Avatar» (che ne ha vinte «solo» tre, secondarie). Il film sui coraggiosi militari americani in Iraq si è beccato il pupazzo dorato per il miglior film e per la miglior regia, di Kathryn Bigelow (ex moglie di Cameron, pensa come gli rode). Da «The Hurt Locker» si capiscono tre cose: a) che la guerra è schifosa, ma qualche volta non si può fare a meno di combattere, b) che i soldati americani sono coraggiosi e altruisti (anche se talvolta un po' folli), c) che quelli che gli americani hanno combattuto in Iraq sono dei mostri figli di buona donna. Il film, non è facile, come i precedenti della regista, («Point Break», ve lo ricordate? Quello con i rapinatori di banche con le maschere dei presidenti Usa e «Strange Days»), racconta di un plotone di artificieri sminatori. In Italia (uscì nell'ottobre 2008) fu snobbato. Non è politicamente corretto. Ora la rivincita, proprio contro il kolossal di effetti speciali e banalità pacifiste «Avatar». Il filmone di James Cameron ha mostrato un lato debole: il «triangolo» pacifisti, ambientalisti, buoni è solo una favola. Mai come ora che mezzo mondo rattrappisce sotto una crosta di ghiaccio i profeti del riscaldamento globale appaiono ridicoli. Mai come ora i pacifisti ad oltranza rischiano di combinare guai. L'ambiente è un argomento fondamentale: va studiato dagli scienzati e non dai politici. E la storia america ha annoverato tra i suoi protagonisti un tal Edward Teller che diceva: «Ho fiducia nel desiderio di pace degli altri... soprattutto se il randello più grosso ce l'ho io». È una realtà dura da digerire, ma un senso lo ha, soprattutto con dittatori come Saddam Hussein. La serata degli Oscar è filata allegra: pochissime le signore vestite di nero. Per gli abiti hanno trionfato il bianco e il rosso... roba allegra, colorata. I tempi sono cambiati.