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La vera deriva dell'Isola sono i figli di papà

Simona Ventura allasettima edizione dell'Isola dei Famosi

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Il trash vince, le tribù di fissati dei reality non conoscono crisi demografiche. Guardare gli altri dal buco del digitale, riconoscere in loro i nostri inconfessati scheletri nell'armadio, i vizietti quotidiani è un sollazzo per tanti. A prescindere. A prescindere dai replicanti, che non avranno mai più la verve ruspante di un Taricone, né l'appeal televisivo di Luxuria. Dunque gli ascolti vanno, qualunque brodaglia si proponga, dalla Casa o dall'Isola. Dove Simona Ventura registra il top degli ascolti di Raidue. I trucidi spediti quest'anno in Nicaragua sono sbiaditi, tra una Lecciso coraggiosa ma ridondante in labbra e zigomi e una Milo che dovrebbe fare come la Bardot, scomparire invece che soccombere al paragone con la bellezza butirrosa che fu. Aldo Busi è quello che è, nessuno poteva pretendere che la vocazione a provocare evaporasse al caldo tropicale, dunque è gratuita la polemica dell'Osservatorio dei minori che riesuma l'aura di pedofilo dell'indisciplinato scrittore, peraltro prof straordinario di «Amici». Piuttosto, stona la novità 2010, l'arrivo dei figli di papà. È un campionario insignificante, quello che vedremo domani con Supersimo. Daniele Battaglia è l'ennesima intrusione di quel Dodi dei Pooh che non si sciolgono mai e paiono vitalizzati dalla formalina. Guenda Goria, la pargola di Maria Teresa Ruta e Amedeo, e Manuela Boldi, messa al mondo dal «bauscia» milanese, sono illustri sconosciute di genitori out. Roberto Fiacchini, poi, non è che il rampollo adottivo di Renato Zero. Che talenti abbiamo per apparire, è un mistero. Ma ce li propinano, e stavolta non è peregrina la protesta dell'uomo qualunque. Che il canone non lo vuole pagare più.

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