Napoleone III
IlPrimo Presidente e l'ultimo Imperatore dei Francesi, un autocrate socialista, un condottiero pacifista, un conservatore rivoluzionario, un cattolico positivista, l'Imperatore d'Europa e Napoleone il Piccolo. Queste e molte altre cose incarnò in sé Napoleone III, divenendo una delle figure più straordinarie e controverse della Storia contemporanea. È quanto ci fa scoprire Franco Cardini nel suo bel saggio «Napoleone III» (ed. Sellerio, pp. 200, euro 12) impreziosito da una nota di Sergio Valzania. Ci spiega Cardini che «la sfida di questa piccola biografia - ne ha già curate altre due dedicate rispettivamente a Lawrence d'Arabia e a Francesco Giuseppe - è la sintesi del personaggio: disegnarne il profilo e cercare di coglierne il nucleo, il centro». Ecco allora emergere a tutto tondo la figura di Luigi Napoleone. Egli apparteneva ai Bonaparte Beauharnais, quelli "biondi", dal sangue mezzo creolo e dall'animo intriso di romanticismo e di idealismo; ciò lo distingueva dai Bonaparte di Corsica, quelli "bruni", dal sangue selvaggio e dall'indole illuminista e calcolatrice. «Mi ha interessato proprio questo - dice Cardini - il rapporto complesso e contraddittorio tra la sua volontà di perpetuare la gloria dei Napoleonidi, l'attrazione per le idee rivoluzionarie del suo tempo e l'abilità di mediare. Come mi ha sconcertato il lato sentimentale, irrazionale, talora perfino ingenuo del suo carattere». Napoleone I aveva usato per la sua irresistibile ascesa al potere la spada e il sangue, Luigi Napoleone scelse un'arma assai più tagliente, la penna e l'inchiostro. La sua azione politica avrebbe modificato per sempre e profondamente l'assetto politico e culturale dell'Europa del XIX secolo, più di quanto non era riuscito a fare il grande zio. Pervaso dal fuoco del positivismo Napoleone III trasformò la Francia in una straordinaria potenza industriale dando impulso ai commerci, al mercato finanziario, alla diffusione del trasporto ferroviario. Con l'aiuto del barone Haussmann mutò radicalmente il volto di Parigi facendone la città della modernità, del progresso culturale e scientifico, la meta di aristocratici, di borghesi, di artisti e di turisti. La Ville Lumiére si schiudeva con i colori di Manet, si incendiava alle parole di Zola, si scandalizzava per i versi di Baudelaire, si cullava sulle note di Bizet. E come dimenticare la Fête Impériale, lo strumento fantasmagorico della propaganda imperiale? «Un uomo politico, un intellettuale straordinario - continua ancora Cardini - che commise molti errori, ma ebbe - almeno fino ad un dato momento - molta fortuna e accettò il ruolo di modernizzatore del suo paese dimostrando buone attitudini tecniche e finanziarie». Non meno appassionata, irruente, poco accorta, ma sempre mossa da profondo idealismo, fu la sua politica estera che gli meritò di diritto il titolo di "Imperatore d'Europa". Aggiunge ancora Cardini che Napoleone «era un sincero amante dell'Italia e desiderava davvero la sua libertà anche se la pensava in modo schematico e tutto sommato superficiale. La sua idea di libertà e di unità italiana era subordinata ovviamente a un disegno di egemonia francese, ma teneva conto del carattere policentrico della Penisola. Per questo si era impegnato nella Guerra d'Indipendenza del 1859, per creare un'Italia federale. Fu giocato da Cavour e da Vittorio Emanuele II che tuttavia non tradì, come ha voluto farci credere la retorica risorgimentale. Il Bonaparte si limitò a constatare che le cose in Italia stavano prendendo una piega che egli non aveva previsto e che non gli piaceva». Dalle pagine di Cardini insomma emerge chiaramente che il ventennio dominato da Napoleone III, il Secondo Impero, fu tra i più straordinari che la storia europea abbia mai conosciuto. Non si possono però negare le tante ombre che pure offuscarono e offuscano ancora la sua azione di governo, quelle macchie stigmatizzate fin troppo aspramente dalla penna di Victor Hugo e da uno storiografia assai irriverente. La fortuna, è vero, non gli arrise. La triste spedizione messicana e la drammatica guerra con la Prussia segnarono il suo destino e quello dei Bonaparte, per sempre.