Le strade di Bennato portano a Roma
Sentirgli fare l'imitazione del presidente Napolitano alle prese con il discorso di fine anno non ha prezzo. E se poi fa il verso pure a Gian Pieretti che si è «ispirato» a Bob Dylan per la sua «Pietre» lo show diventa imperdibile. Edoardo Bennato è un fiume in piena e passeggia per la strade del centro di Roma come un turista qualsiasi. In cielo il sole non c'è, ma lui si protegge con gli occhiali scuri come fossero una coperta di Linus. Il salotto buono di piazza di Pietra lo accoglie per un pranzo e lui si siede comodamente al Caffè Fandango per parlare delle nuove canzoni. «Sono tornato alle origini - esordisce - ma lo faccio sempre con la consapevolezza di chi ha alle spalle una storia che parte da lontano». E la sua storia arriva dritta alla cronaca di oggi. Il cantante ha scelto Roma per presentare il suo nuovo lavoro, «Le vie del rock sono infinite», dove tra riflessioni private e memorie di viaggio c'è spazio per un ritratto impietoso del nostro Paese. Sono due i brani che ispirano un ragionamento spietato, «Il capo dei briganti» e «C'era un re», da dove, con un occhio alla storia del Regno delle Due Sicilie, si arriva a parlare di mafia. «L'Italia è un Paese ingovernabile e con questa ingovernabilità dobbiamo fare i conti tutti i giorni - spiega il cantante - Ho girato il mondo ma poi quando torno a casa mi rendo conto che Bagnoli è una polveriera. Parlo di Vittorio Emanuele di Savoia perché il patto di Teano segnò la nascita del brigantaggio. Si trattava di personaggi leggendari che difendevano la povera gente dagli aguzzini e dai tiranni». E ce n'è anche per l'Italia unita. «Sono passati 150 anni ma oggi nell'ex Regno delle due Sicile esiste un'entità, che possiamo chiamare camorra, mafia o 'ndrangheta, che si è assunta il compito di difendere la gente dagli strumenti del potere che al Sud vengono percepiti come ostili». Parole che risuonano come macigni all'interno della piccola saletta del Caffè Fandango. E a chi gli chiede chi salverebbe tra gli artisti italiani risponde: «I miei preferiti sono Francesco De Gregori, Jovanotti, Zucchero, Negrita e Samuele Bersani». Quando, però, si parla del festival di Sanremo il giudizio è lapidario. «È il circo Barnum degli impresari». Il chiodo fisso si chiama America e Bennato non ha mai smesso di coltivare il suo sogno a stelle e strisce. Il 26 marzo andrà a New York per un concerto «nello stesso club dove ha suonato anche Jovanotti». Come se non bastasse, ha preparato la versione inglese del musical «Peter Pan». «Sta avendo un successo enorme - ha spiegato con fierezza - Per questo abbiamo deciso di esportarlo negli Stati Uniti. I testi li ho tradotti in inglese. Non è stato difficile. Scrivendo canzoni ho sempre pensato in inglese e poi scritto in italiano. Questa volta ho fatto solo l'operazione inversa». Istrione al punto giusto, Bennato saluta tutti e, battendo il piede per terra a suon di musica, esce fuori dal Caffè Fandango. Le telecamere di piazza di Pietra sono tutte per lui.