Il poeta che interroga il casco
.Un Amleto dei giorni nostri dove il celebre monologo di shakesperiana memoria lascia il posto a una sequenza di ermetici versi e dove, al posto del famosissimo teschio di Yorick, Lucio Freni (pseudonimo di Piergiorgio Panzironi) preferisce farsi ispirare dal casco che usa quando va in moto. E così, l'immagine che l'esordiente poeta vuole dare di sé, è caratterizzata dal dubbio, dalla velocità e dal mistero. Tre concetti che tornano più volte nelle oltre cento poesie che compongono la sua prima raccolta intitolata «Vorrei...», ai quali, però, se ne aggiunge un altro: la luce. Un elemento così importante al quale lo scrittore, dopo aver dedicato il proprio pseudonimo, spiega: «Sono un uomo che gira per la sua caverna tentando di rischiararla con una torcia di pensieri che ardono». Ma non solo concetti astratti fanno da sfondo ai suoi componimenti, infatti trovano spazio anche fatti della vita quotidiana e i miti di ieri e di oggi. E così il poeta centauro entra in libreria, tenuto a battesimo dalle parole di Alessandro Meluzzi: «Le sue poesie sono parole di spirito che si fanno carne. Per ciò, queste pagine sono anche autentica filosofia. Amore del sapere. Amore dell'amore».