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Majorana, va in scena la scomparsa di uno scienziato

Carlotta Proietti e Sebastiano Colla in scena

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Il nostro non è soltanto il Belpaese amato dai viaggiatori di tutto il mondo per le sue bellezze naturali e la fantasiosa vitalità dei suoi abitanti. È anche un paese di misteri mai risolti che continuano a proiettare nel tempo l'ombra di una inquietante imperscrutabilità. Ma anche a stimolare domande e interrogativi testardamente tesi a scavare nella complessa cornice di circostanze politiche, sociali, economiche che hanno accompagnato i fatti. Finendo non di rado per tradursi nella creatività di una pagina scritta o addirittura di un spettacolo. Come accade in questo «Il caso Majorana», in scena al Teatro Vittoria da domani al 14 marzo, che ripropone al pubblico di oggi la scomparsa di uno scienziato geniale, esponente con Fermi, Segre, Amaldi e Rasetti, del gruppo dei Ragazzi di Via Panisperna, già trattata nell'omonimo libro da Leonardo Sciascia. Ma con modalità ben lontane dall'indagine asciutta e coinvolgente dello scrittore siciliano, dettate del resto dal diverso atteggiamento con cui la personalità del regista Marco Simeoli, incline piuttosto alla brillantezza di un linguaggio leggero e divertente, si accinge a sondare la vicenda. Partendo da un testo firmato da Claudio Pallottini per affrontare l'ardua impresa di trasformare la caratura drammatica dell'argomento in una narrazione di comicità spumeggiante, capace di tenere desta l'attenzione dello spettatore con la sua ricchezza inventiva. Senza sacrificare nessuno degli interrogativi etici e morali così strettamente legati alla figura di Majorana e alla sua fantasmatica uscita di scena nel 38 durante la traversata Napoli-Palermo, quando di lui si parlava come di uno studioso capace probabilmente di innescare il processo devastante della bomba atomica. Ma ricorrendo al tempo stesso alla brillantezza di un'ironia che guarda alla nostra realtà contemporanea e al linguaggio televisivo che la domina con l'invasività dei suoi talk show. Ecco allora che, attingendo ai vari «Porta a Porta» o «La vita in diretta», il lontano mistero viene ripreso per la coda all'interno di un'atmosfera da talk show, per essere agitato e rimescolato come in un frullatore. Mentre il palcoscenico stesso si trasforma in uno studio televisivo, dove un gruppo di giovani attori danno vita a un abile presentatore, agli scienziati Enrico Fermi ed Edoardo Amaldi, al Capo della Polizia dell'epoca Augusto Bocchini, a uno storico, uno psicologo ed altri personaggi. Accade così che, tra telefonate, domande e contributi video, il reale si affianca al virtuale, l'informazione al pettegolezzo, la cultura alla sottocultura, impastando questioni scientifiche, filosofiche umane in una cifra divulgativa che non perde d'occhio la necessità dell'audience. E fornendo al tempo stesso un ritratto e una chiave di lettura scanzonata e divertente dei nostri giorni all'interno di una commedia vivace e tuttavia non priva di spunti di riflessione. Con l'intelligenza di uno spettacolo teatrale che nel suo linguaggio innovativamente ricrea la natura ibrida di quello televisivo. E che peraltro si avvale della supervisione artistica di Gigi Proietti. Mentre la figlia di lui, Carlotta, contribuisce alla realizzazione con la fresca bellezza della sua voce.

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