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No al diktat dei grandi editori vince il passaparola ai bookclub

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Nel Regno Unito torme di bookaholics, gli alcolizzati del libro, dalla fine degli anni '90 hanno raggiunto elevati livelli d'esaltazione per la lettura. Non si tratta di compassate organizzazioni, come quelle italiane, che hanno preso il via dalla costola delle case editrici, ma di legionari con il libro «under my skin», dentro la pelle. Nel Kent c'è un club del libro con ben un milione di «guerriglieri». Da anni leggono Dickens, in sedute pubbliche. Oppure Khaled Hosseini e Tom Clancy. Altri club si dedicano a Jane Austen o a Barbara Pym. Orde anglosassoni (per l'80 per cento composte da romantiche ladies che diventano nelle sale di dibattiti autentiche pasionarie) si sono dedicate a studiare i romanzi fondamentali del secolo scorso. Ancora senza soste l'ascesa dei libri di Barbara Cartland, la zia di Lady Diana. Altri appassionati si dedicano ai grandi classici latini e greci, anche in lingua originale. Uno dei principali critici letterari britannici, Boyd Tonkin, ha rilevato che spesso questi club nascono sul posto di lavoro. Mervyn King, governatore della Banca d'Inghilterra, non ha trovato nessun imbarazzo a confessare come da vicegovernatore fosse anche uno dei principali sostenitori del book club della banca stessa.  

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