Flavio Bucci spavaldo: "Riparto dalla commedia"
Flavio Bucci in scena alla Sala Umberto, con Sarto per Signora, la commedia di Feydeau. E ogni sera è sold out. Bucci, un ruolo inedito per lei. Sì, volevo dare di me un'immagine diversa dal solito attore drammatico. Allora ho scelto questo che è un classico del teatro comico, per alleggerirmi un po' e fare una cosa che sia divertente per il pubblico, ma anche per me. Nello spettacolo c'è un gioco di equivoci che riflette anche un po' la nostra realtà. Del resto i grandi autori hanno sempre la capacità di anticipare i tempi. Il meccanismo del tradimento, poi, è sempre attuale. Naturalmente nello spettacolo tutto finisce bene e i rapporti si ricompongono. Bucci attore di teatro, ma anche di fiction e cinema, qual è la vera passione? Certamente il teatro, che non ho mai lasciato anche quando ho fatto cinema e televisione. Io sono nato con il teatro, di cui ho un'idea tradizionale e che mi dà sicurezze ed emozioni importanti. Le serate sono sempre diverse e il contatto diretto con il pubblico influenza molto anche l'attore. Come crea il personaggio, come entra nella storia? A me non interessa molto l'aspetto fisico del personaggio sulla scena, quanto piuttosto quello psicologico. Dico sempre che il 60 per cento ce lo metto io, di mestiere e di esperienza. Ma il resto, quella scintilla che accende il pubblico, viene dal Padreterno. E' un miracolo, una cosa magica. C'è nella sua carriera un personaggio che sente più suo? Ne ho fatti tanti che ho molto amato, forse quello a me più caro è nel Diario di un pazzo di Gogol. Oggi si dice tanto che il teatro sia in crisi Certo, la crisi economica la subiamo un po' tutti, ma c'è un pubblico ancora davvero molto affezionato al teatro, per cui è disposto anche a sacrifici. La gente ha comunque voglia di uscire e non si accontenta di subire passivamente quello che offre il prodotto televisivo. Il pubblico è maturato molto, è più attivo e coinvolto e sceglie cosa vuol vedere, seleziona. Forse c'è anche un problema generale di crisi culturale. E' vero, ma non è solo colpa dei media, quello che manca è proprio il materiale. La scomparsa dei grandi autori, come Sciascia, Moravia, Pasolini, lascia vuoti decisivi e incolmabili nella cultura italiana. Dipende dalle dinamiche storiche e sociali. E' una situazione recuperabile, ma ci vuole molto tempo. Si può ancora dire che il teatro sia invenzione e strumento di conoscenza? Io credo di sì. Ma la mia generazione la sua parte l'ha fatta. Adesso aspettiamo i giovani.