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Il mio pezzo divide? Segno che ha carattere

Simone Cristicchi

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La mia canzone sanremese si è trasformata in una profezia. A causa di quel mio verso sui coniugi dell'Eliseo, si è parlato molto di Carla Bruni e di un inesistente incidente diplomatico. Insomma, è proprio lo scenario di "Meno male", dove si parla dell'utilizzo di certe notizie per nasconderne altre. Qualcuno non ha visto bene che io l'abbia dedicata a Marco Travaglio, ma è solo perché ho letto un suo libro intitolato "La scomparsa dei fatti". Nessun giornalista può essere l'unico depositario della verità, sono in tanti ad avere la schiena dritta. Ma non mi dispiace che il mio pezzo abbia spaccato critica e pubblico: è segno che ha una sua personalità. C'è quell'altro verso su Wojtyla, la citazione di "se sbaglio mi corigerete": nessuna mancanza di rispetto, anzi un omaggio al gigante di una Chiesa che si lasciava dire le cose dai fedeli. In queste ore ho dovuto anche chiarire un malinteso su quell'altra frase in cui canto "i terremotati ancora in vacanza". Ne è nata una polemica su Facebook, ma lungi da me l'intenzione di fare battute sulla tragedia. È un fatto che molti di loro non siano tornati a casa, che a migliaia alloggino ancora negli alberghi sull'Adriatico. Io all'Aquila sono andato più volte, e grazie alla provincia di Grosseto e ai fondi raccolti con i miei concerti ho potuto consegnare le chiavi di una scuola a San Demetrio. Quello che mi ha sconvolto, nel momento peggiore dell'emergenza, è stata la militarizzazione della vita nelle tendopoli: era persino proibito farsi il caffé, perché rendeva nervosi, ed era complicato tenersi in collegamento con amici e parenti che vivevano in altri alloggiamenti provvisori. Stasera canterò "Meno Male" all'Ariston con il coro di Santa Fiora, i minatori dell'Amiata assieme ai quali ho fatto una lunga indimenticabile tournée, finita in un film-documentario. Ma le suggestioni non mancano: nel mio nuovo cd (intitolato "Grand Hotel") c'è un brano, "L'ultimo valzer", che racconta di un amore tra due anziani in un ospizio. Nella zona dove abito, ai Castelli Romani, ce ne sono molte di queste strutture dove la vita viene confinata, e in qualche modo emarginata. Nella canzone l'indirizzo immaginario dell'ospizio è infatti "Via dai coglioni". Ecco poi un altro pezzo, "Volemo le bambole", che con un tono ridanciano da osteria chiama in causa quelle ragazze che nascono veline e poi salgono tutti i gradini della politica. O "Meteore", dedicato alle "vittime" dei talent-show, che vengono macinati in tutta fretta dall'industria del successo e poi gettati nei rifiuti. Come poteva accadere anche a me, qualche anno fa, quando fui eliminato in un programma di Pippo Baudo intitolato, guarda caso, "Destinazione Sanremo". Ah, mi sto preparando per il teatro: in autunno reciterò un monologo scritto da un grande poeta romanesco, Elio Marcelli, sulla ritirata dei nostri soldati dalla Russia nel '41. Mio nonno Rinaldo fu tra i pochi a tornare, ma non volle parlarmene mai.

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