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Antonella meglio di Paolo Bonolis

Belen duetta con Toto Cutugno

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C'è sempre una sera in cui Sanremo cannibalizza se stesso. Anche stavolta. Si portano dei cantanti veri sul palco, gli si affida una manciata di pezzi leggendari (in sessant'anni di Festival qualcuno ce n'è), e si fa capire urbi et orbi quanto sia malinconica l'attualità, in un'era in cui la nostra tv fa gite miliardarie attorno a una discarica dove - direbbe Battiato - finiamo sommersi da immondizie musicali. A proposito: i due ripescati fra i cinque artisti già trombati sono Pupo-Filiberto e Valerio Scanu. Cantava qualcun altro: era già tutto previsto. Dal televoto, tranquilli. Ancora numeri. In Rai stappano champagne millesimato per gli ascolti della seconda serata: 10 milioni 164 mila telespettatori, con il 43,88 per cento di share. Meglio del fenomenale Bonolis dello scorso anno, sul piano della quantità. Ma il Festival è una perversione nazionale, attrae come gli incidenti sull'autostrada, sublima spesso la nostra voglia di orrore puro. Il più delle volte lo si guarda proprio per questo. Ci fosse ancora il vecchio caro indice di gradimento, lo capirebbero pure a Viale Mazzini. Ieri il direttore di Raiuno Mazza pareva votato a consumare una vendetta personale contro i giornalisti rei di aver esercitato il diritto di critica. «Siete così tristi, mostrate malanimo gratuito e pregiudiziale», ammoniva rivolto alla sala stampa. E cupamente incalzava: «Se io fossi mandato a raccontare un evento come questo ne sarei contento, e il mio lavoro sarebbe più apprezzato dai lettori». Mica vero: come si fa a non inorridire davanti alla Clerici che fa interviste chiusa in un solarium futuribile o che vuole la ricetta dei biscotti dalla regina di Giordania? Ognuno ha occhi per vedere, da casa: i cronisti non possono raccontare favole. A quelle ci pensa Fiona. Si vedrà. Il successone di Antonella ripropone i quesiti sul Sanremo 2011. Il presidente Garimberti chiude la questione sulla durata: «Sarà anche quello in cinque serate». Ma chi lo presenterà? Mazza nicchia: «Chiedetemelo a settembre. Quanto alla "Prova del cuoco", sto pensando a Rania», celia. La biondariccia, furbissima, si chiama subito fuori: «Questa esperienza si fa una sola volta nella vita, e a me piace cambiare». Non tornerà, questo è sicuro, a cucinare gatti in umido insieme a Bigazzi. Giallo sul premier. Agli amici a cena, Berlusconi aveva ammesso una sconfitta. Sonora. «Avevo proposto a Sanremo una canzone intitolata "Donna", affidata alla napoletana Nena, ma mi è stata bocciata». Il direttore artistico Mazzi sbianca: «Non mi risulta». Si vede che non è del tutto sicuro. Se devi valutare migliaia di brani, qualcosa può sfuggirti. Fatta la legge. Si sfora la mezzanotte e la giovane, talentuosa Jessica Brando, anni 15, non può esibirsi come previsto. Per metterci una pezza mandano in onda la sua prova registrata nel pomeriggio. Succederà un casino, tra ricorsi e codicilli. Leggende leggende. Diceva una vecchia pubblicità: la differenza si vede, si sente, si tocca. Anche se poi neanche i superbig sono esenti da pecche: l'Ariston è una plaza de toros dove chiunque può finire incornato, anche se di striscio. Ma Elisa incanta rievocando l'Endrigo di "Canzone per te", e più tardi con la Mannoia tenta di rendere palpabile la maestosità della Martini su "Almeno tu nell'universo". Di suo, Fiorella pattina con qualche indugio su "E se domani" davanti al fantasma di Mina. Che potrebbe spaventare anche Francesco Renga su "La voce del silenzio", ma il bresciano se la cava a tutta canna (no, niente stupefacenti): e sentite "L'immensità". Edoardo Bennato, uno che a nominargli Sanremo aveva sempre fatto la faccia di chi apra un gabinetto intasato, prova a restituire dignità in chiave rock a un brano maledetto (e non trascendentale) come il "Ciao amore ciao" fatale a Tenco. Cocciante vola a quote di sicurezza su "Nel blu dipinto di blu", prima di autocelebrarsi (come tutti gli altri campioni della serata). Intrigante la rilettura cripto-gay di "Non ho l'età" di cinquettiana memoria: e chi se non il tremulo Miguel Bosé in questo arrangiamento almodovariano? Ranieri recupera l'inarrivabile Pino Donaggio di "Io che non vivo", e che struggimento, che piacere nel riaprire il calendario degli anni Sessanta. Fiona vorrebbe spupazzarselo prima della standing ovation di "Perdere l'amore". Ma la vera superstar è quella che arriva dopo la meravigliosa "Grazie dei fior" di Carmen Consoli: sembra Tina Turner ma è la signora Nilla Pizzi, anni 91, con l'abito disegnato a rose e colombe, cinque metri di strascico e i boys a reggerlo, i fans (alcuni suoi coetanei) ad assediarla fuori dall'albergo. È ancora intonata, e dire che la sua carriera era cominciata al tempo dei telefoni bianchi, non degli sms da televoto. C'è la sensazione che il tempo si sia davvero fermato, all'Ariston. Nel bene e nel male, è così.

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