Arisa: canto l'Italia della solidarietà
È passato un anno, ma dentro di me è stato impegnativo come un secolo. Sono tornata a Sanremo, da dove ero partita con "Sincerità", la canzone che (anche se ormai quasi non ne posso più) ha cambiato la mia vita, ed è entrata, io credo, nel cuore degli italiani. Un giorno una signora mi ha detto: «Se l'avessi cantata a mio marito, forse non ci saremmo lasciati». Vorrei che la stessa leggerezza fosse avvertita anche in questa "Malamoreno": mi chiedono spesso dell'effetto nostalgia che c'è dentro il suo swing. Ebbene, è la nostalgia che io provo per i tempi in cui l'Italia era meno individualista, in cui ci si dava una mano volentieri, anche dopo tragedie immense. Da bambina ascoltavo spesso i racconti di mio nonno, quel dopoguerra che vedeva tutto un popolo unito nella voglia di ripartire. Io posso dirmi fortunata, dodici mesi fa ero un'estetista e ora posso tentare di fare per tutta la vita il lavoro che più mi piace. Penso a tutti quei giovani ai quali questa opportunità viene negata, e vorrei dedicarla a loro, la mia nuova canzone. Io di piani ne ho molti: magari presto, una casa tutta mia dove vivere con il mio Peppino e sfornare un pargoletto, un piccolo "Arisino" al quale insegnerò valori come la gentilezza, il rispetto verso gli altri, l'educazione. E la sfumatura di ogni sentimento, perché come dico nel testo del brano, "può scoppiare in un attimo il sole, tutto quanto potrebbe finire, ma l'amore no". Io oggi non abito più a via della Pisana, mi sono concessa un appartamento in affitto ai Parioli. Ma il mio grande sogno, naturalmente irrealizzabile, è quello di vivere nella villa di Alberto Sordi. Perché contiene ancora tutto l'affetto che vi riversano dentro i romani, ogni volta che ci passano davanti. Albertone è vivo, grazie a questo magnetismo, e lo sarà sempre. Però ora sono a Sanremo: non mi dispiacerebbe mica, vincerlo. Non vedevo l'ora di ricominciare, e di salire sul palco assieme a quei partner straordinari delle Sorelle Marinetti, così come sarò onorata, nella sera dei duetti, di avere al mio fianco un jazzista come Lino Patruno. È un festival che senza Morgan ha perso una buona fetta di spettacolo: questo non dovrebbe essere un reality dove arriva in fondo il più figo o il più buono, ma chi ha la canzone migliore. Quanto ad altre proposte di carattere "sociale", non mi piacciono i riferimenti troppo personali o diretti. Un testo può colpire anche senza essere brutale. Come accadeva con la tv elegante di una volta. A proposito, oggi Costanzo mi ha indicata come possibile nuova interprete di quel capolavoro che era la sua "Se telefonando". Onorata di essere accostata a Mina. Anche se la strada per avvicinarmi a lei è ancora lunga, proverò a percorrerla. Fin dove posso. Magari fino in fondo. Ma sempre con fiducia e umiltà.