Il ricordo
«Cosìparlò» Pio Filippani Ronconi, rievocando il «suo» Julius Evola. E mettendo in rilievo come il Barone Nero, nel suo soggiorno viennese, durante la guerra, si rifiutasse di scendere nel rifugio «ove stanno tutti» e, «indifferente allo sconquasso circostante», continuasse a lavorare nella massima tranquillità. Ma questo fu anche lo «stile» dell'insigne orientalista Pio Filippani Ronconi, nato a Madrid, nel 1920, da antico, aristocratico ceppo romano, e scomparso due giorni fa. Suoniamo le trombe dell'enfasi, dicendo che la sua è stata una vita «di rango», all'altezza degli avi, patrizi dell'Urbe e conti del Sacro Romano Impero, ma la nonna paterna era di Calcutta: e di questo Oriente travasato nel sangue Filippani Ronconi era fiero? Crediamo di no, e, del resto, l'«unicuique suum» ciceroniano e giustinianeo è massima che si addice perfettamente a uno studioso che padroneggiava una quarantina di lingue, era autore di una ventina di saggi largamente apprezzati in tutto il mondo accademico, aveva tradotto dal sanscrito le Upanishad, ma, uomo di penna e di spada, aveva consacrato la sua «meglio gioventù» alle ebbrezze di una «vita spericolata». Infatti, Pio a vent'anni combatte volontario in Africa. Con coraggio leonino e con cavalleresca lealtà. Gli anni trascorsi in Spagna (sua madre è stata fucilata dai repubblicani durante la guerra civile) ne hanno temprato le naturali attitudini di «hidalgo». Filippani Ronconi è un affascinante, coltissimo guerriero-gentiluomo: ed è con un dichiarato richiamo alla sua eleganza e alla sua audacia che Pietrangelo Buttafuoco ha costruito la figura di Alì degli Aliminusa, il «docente dell'Orientale di Napoli» che strenuamente contrasta in Sicilia lo sbarco dei «liberatori». È lui quello del «Beso a usted las manos» («Le uova del drago», Mondadori, 1995). Ha già scelto la «parte sbagliata», Pio Filippani Ronconi, e ama anche giocare con l'immagine del «bello e dannato». Così, dopo l'8 settembre si arruola nelle Waffen SS italiane e combatte a Nettuno contro gli Alleati. Filippani Ronconi è un «vinto non convinto», uno dei tanti. Uno che non ha timore di assumere le responsabilità delle proprie scelte. Uno che non demorde. Sappiamo che negli anni della guerra conosceva già lo spagnolo, l'inglese, l'arabo, il turco. Ora, si immerge nel persiano e nel pali, nel cinese e nell'aramaico. Insegna, scrive, traduce. È esperto di arti marziali. È anche un iniziato? E a quali segreti «ordini»? Mistero. Ma Filippani Ronconi di dèi ha i suoi. E, in «beata solitudo», confortata dall'ammirazione di allievi vecchi e nuovi, ad essi risponde. Forte - e gran provocatore - fino alla morte.