La magia di Freeman
Può lo sport cambiare il destino di una nazione? Sì, se l'artefice di un evento così epocale si chiama Nelson Mandela. Fu infatti lui che nel 1995, nella finale di rugby, in Sud Africa, riuscì a sanare le ferite del passato e a infondere speranza per il futuro in un momento cruciale della storia del Paese. Protagonisti erano i verdeoro Springboks, i giocatori della squadra sudafricana di rugby, guidati dal capitano Francois Pienaar. Questa storia è ora un film (dal 26 febbraio distribuito in 400 sale da Warner), diretto da quel cuore duro di Clint Eastwood e interpretato da Morgan Freeman (nei panni di Mandela), un ruolo che gli è valso la candidatura all'Oscar. Mentre Matt Damon è Pienaar, capitano di rugby. Commovente, ricco di esaltanti immagini sportive, che rievocano quella storica partita da cardiopalma, arrivata ai supplementari contro i feroci All Blacks, il film lascia pochi spazi alla retorica. Mr. Morgan, che emozione le ha dato incontrare Nelson Mandela? «È un uomo straordinario, dopo una vita di sofferenze e di alti e bassi ha trovato un suo equilibrio zen. Il titolo del film è lo stesso di una poesia di Henley, "Invictus", che il presidente leggeva spesso nei suoi 27 anni di carcere, subiti per la lotta contro la segregazione razziale. Passare 27 anni in una cella dagli spazi ristrettissimi e uscirne senza rancore è un'impresa. Quando venne eletto presidente, il Sud Africa era ancora profondamente diviso. E, anche se l'ingiustizia dell'apartheid era ufficialmente abolita, il solco che divideva il popolo non poteva essere facilmente colmato. Così intravide la speranza su un campo di rugby». Come si è preparato per interpretare un personaggio carismatico come Mandela? «Ho evitato di recitare e ho cercato di essere lui. Mandela emana qualcosa che spinge la gente a fare cose migliori: è la magia di Madiba e non può essere spiegata». Questo è il terzo film che lei fa con Eastwood, com'è lavorare con lui? «Tra noi si è generata una sorta di alchimia, ci capiamo. Ammiro molto la sua rapidità nella regia, la sua capacità di tenere tutto sotto controllo. Mi ha sorpreso che "Invictus" non sia stato candidato all'Oscar come miglior film». Cosa ha detto Mandela vedendo il film? «Sorrideva e annuiva. Credo gli sia piaciuto, anche se il suo viso era indecifrabile». Obama, per certi versi, somiglia a Mandela? «L'unica affinità tra i due è il colore della pelle. Ogni decisione di Mandela era presa con tale decisione e fermezza che era impossibile resistergli. Obama invece ha un'opposizione abilissima nel creare barriere verso il cambiamento: in Usa si spendono milioni di dollari per la lotta alla droga, ma si mettono paletti alla spesa della riforma sanitaria». Qual è il suo sport preferito? «Il golf, impatto zero e senza scontri fisici. Anche se solo gli sport di squadra, come il rugby, superano le barriere politiche e razziali».