Morgan, i moralizzatori lo trasformano in martire

Ha sbagliato, certo che ha sbagliato. Ma l’esclusione di Morgan dal Festival di Sanremo, pretesa e ottenuta a furor di popolo, si può valutare in molti modi. Intanto i toni da parrucconi di molti commentatori. Un conto è dire: evitiamo che i ragazzini si lascino tentare da messaggi fuorvianti sulla cocaina. Un altro è gridare all'untore, sostenendo che l'esame del capello vada fatto per tutti i cantanti, o che chi assume coca è complice della mafia. I sedicenti moralizzatori sanno bene che, a fare sul serio, potrebbero ritrovarsi il palazzo svuotato in un battibaleno. Mica l'Ariston, semmai Montecitorio o quegli allegri uffici istituzionali dove - magari come «antidepressivo» (è la cura Morgan, no?) - i politici tirano in allegria, finendo poi per scoprirsi ricattabili e privi di ogni legittimazione a predicare il bene e il male. Attenzione: nessuno può difendere l'incoscienza dell'ex giurato di "X Factor". Che vista la sua carriera andare in fumo nel giro di una notte, ieri ha fatto marcia indietro dicendosi (strumentalmente?) pentito e pronto a fare da testimonial per campagne antidroga. Ma averlo indicato, nel frattempo, come capro espiatorio di un malcostume nazionale è segno di ipocrisia diffusa. A pretendere con equanimità il criterio dell'emarginazione, cosa diavolo potrebbe trasmettere la tv? Il monoscopio e poco altro: fra conduttori esagitati, ospiti senza controllo e opinionisti urlanti è facile scoprire chi si tenga su con polverami e fumi assortiti. I nomi? Dai, sono famosissimi: guardate come gli si gonfiano le vene del collo e giudicate se quel cercare la rissa sia sempre una lucida strategia mediatica oppure un remix neuronale provocato da sostanze psicotrope. Vogliamo applicare rigorosamente il codice etico? Allora via tutti anche dallo star-system, si spenga la crack-tv. E il calcio? Ogni tanto ne pizzicano uno all'antidoping, e tutti fanno "oooohh". L'importante è non esagerare con le epurazioni, altrimenti si rischia di giocare con la playstation. Ti dicono: il tale campione è infortunato, ha il mal di schiena, il recupero sarà lungo. Balle: però quello ha un contratto che pesa, le sue magliette vanno a ruba, non ci si può mica rimettere pure sul merchandising. Morgan ha peccato anche di ingenuità. Avrebbe dovuto dire, come fanno altri artisti: «In passato ho fatto uso di droghe, ma a un certo punto mi si è accesa una luce in testa e ora sono pulito», per poi lanciarsi nel classico edificante sermoncino da ex-cattivo maestro pentito. La sua crocifissione-lampo giova comunque a questo disgraziato Festival, che guadagna per altri due giorni le prime pagine, dopo aver innaffiato la vigilia con il nuovo caso-Povia e con le pernacchie preliminari al principe di Savoia. Due che - nota qualcuno - hanno ammesso di aver provato l'ebbrezza della coca. In passato, tranquilli, in passato. E l'organizzazione non si sta forse facendo in quattro per avere come superospite Vasco? Uno che, in passato, eccetera. Fa sorridere la levata di scudi contro le rockstar che esaltano la droga. L'ultima è di pochi giorni fa: ma sono più di cinquant'anni che la controcultura giovanile ne è impregnata. Sarà dura ammetterlo, ma la suggestione "lisergica", negli anni Sessanta, ha prodotto capolavori. Come il "Sgt.Pepper's" dei Beatles, "Blonde on Blonde" di Dylan, mezza discografia dei Pink Floyd, e tutta quella dei Rolling Stones. Poi, com'è ovvio, la droga ammazza. Ci hanno rimesso le penne in tanti, fra i più grandi. Jimi Hendrix, Jim Morrison, Janis Joplin. Allora che si fa? Si mandano al rogo i loro album? Si impedisce ai superstiti di suonare in Italia? Di questo passo, potremmo cancellare dalle antologie scolastiche i poeti decadenti, da Rimbaud a Baudelaire, fino a De Quincey o D'Annunzio. O mettere dei teloni davanti ai quadri di Caravaggio o del Beato Angelico, che sniffavano direttamente colori e colle. Una società sinceramente cristiana dovrebbe offrire il recupero e il perdono, non la morte civile di chi inciampa. Nei suoi tormenti di tossicodipendente, Morgan aveva lanciato un classico grido di allarme. Autodenunciandosi per essere salvato. La risposta è stata subito spietata. Il rischio è che dalla campagna moralizzatrice esca un martire «maledetto» e idolatrato dai ragazzi. Con tutte le conseguenze del caso.