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"Canto per il sud, tradito dallo Stato"

Nino D'Angelo

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Èsempre stato di sinistra. Ma oggi, dice Nino D'Angelo, «non so più cosa pensare». E allora prova a cantargliele. «Di Pietro è populista quanto i leghisti. Induce la gente che non arriva alla fine del mese a credere che lui abbia la soluzione per tutto. Bersani? Non ho elementi per decifrarne la strategia, però la vittoria di Vendola in Puglia è una mezza sconfitta per il suo Pd. Quanto a Bassolino, l'ho sempre sostenuto, ma in Campania c'è bisogno di cambiare». Per Sanremo, l'ex ragazzo con il caschetto biondo ha scritto "Jammo Ja'", un pezzo di sapore etno-reggae, vibrante di rabbia e passione civile, l'unico tra quelli in gara che sarà eseguito in dialetto. Anche se», rivela, «mi hanno chiesto di sottotitolarlo, e la cosa mi lascia perplesso». Nella sera dei duetti, oltre all'ospite fissa Maria Nazionale e all'organetto di Ambrogio Sparagna, D'Angelo avrà al suo fianco altri cantanti popolari, che ne intoneranno i versi in siciliano, pugliese, lucano e calabrese. «Il mio è un inno al Sud senza vittimismo, con la voglia di rimboccarsi le maniche tutti insieme per risolverne in problemi. Ho cercato di non sfiorare la politica, io canto per tutti, anche perché non capisco più quali siano la destra e la sinistra. A volte mi riconosco più in quel che dice Fini che non in chi ho sempre votato. Ora sono senza idee. Alle regionali campane si candida De Luca? Non lo conosco, ma non mi pare un grande leader». Impossibile evitare il discorso sulla politica, però. «E allora, da italiano obiettivo, voglio riflettere su come nella mia terra sia così difficile combattere camorra, mafia e 'ndrangheta. Il problema è ci sono due stati, e di combattere quello illegale non glie n'è mai fregato troppo, a quello ufficiale. La criminalità si può battere, piano piano, se i clan non hanno uomini di riferimento nel potere di Roma, di qualunque partito siano. E se le banche mi prestano soldi, senza costringermi a ricorrere all'uomo della malavita che garantisce finanziamenti alternativi. Purtroppo la camorra funziona come ammortizzatore sociale, colmando la disoccupazione creata da chi ci governa. Perciò, si smetta di scherzare sulla giustizia: servono pene certe per tutti. Presidenti, artisti, calciatori. Non è degno di un Paese civile che uno scippatore ragazzino finisca dietro le sbarre per tre anni, mentre quelli della Parmalat non vengono condannati con la massima severità dopo aver ridotto in povertà migliaia di risparmiatori». A Nino, nato 52 anni fa a San Pietro a Patierno, nella periferia partenopea più insidiosa, ovviamente duole vedere Napoli rappresentata come l'incarnazione di ogni male. «Penso: perché hanno fatto circolare con tanta leggerezza le immagini di quel killer fuori del bar? Bisogna vedere il contesto in cui sono state girate. Tutti saremmo scappati, è inevitabile avere paura in quella situazione. La stessa cosa è accaduta con l'emergenza dell'immondizia: si è esagerato con il messaggio mediatico, il mondo ha visto, e da Napoli sono scomparsi i turisti. Avremmo dovuto difendere meglio il nostro patrimonio, senza mandare in crisi altre risorse e posti di lavoro. Ho il sospetto che ci sia stata strumentalizzazione». Quanto agli scontri di Rosarno, «mi hanno fatto male. Dovremmo sempre guardare alle persone, non al colore della loro pelle. Noi siamo stati emigranti, e non abbiamo mica esportato solo rose e fiori. Non possiamo sfruttare i disperati e poi prenderli a calci in culo». Peggio: «Il razzismo di certi dirigenti della Lega è figlio di chi mi chiamava terrone quando cantavo a Milano. Vogliono cannoneggiare i clandestini che arrivano dal mare, o farli morire affogati senza soccorsi: come se da lì ne arrivassero più di quelli che entrano via terra. Ma i barchini stracarichi da bloccare fanno notizia, anzi propaganda». "Jammo ja'" sarà l'unico inedito di una compilation che D'Angelo farà uscire nei giorni del Festival, con i pezzi forti della seconda parte della sua carriera, quella più impegnata. «Ma ho un grande rispetto per il Nino di "'nu jeans e 'na maglietta". Lui si è preso i cazzotti, io tutti i meriti. Ma la vita è così, bisogna saperne accettare le dinamiche. Come quella», ride sornione, «di vedermi a Sanremo, dopo 35 anni di carriera, sullo stesso palco di un principe esordiente». Stefano Mannucci

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