Il cinema visto dalla sala doppiaggio
Nelle sale Avatar batte il record di incassi, sui giornali si incendia un dibattito sul cinema italiano e sul suo futuro. Intanto, Tonino Accolla, uno tra i più grandi doppiatori italiani, nonché direttore del doppiaggio in Avatar, spalla a spalla con il suo mitico fonico Mario Frezza ci lascia di sasso: «Sono anni che mi occupo di doppiaggio, dall'adattamento dei dialoghi alla regia, ma siamo agli sgoccioli della mia carriera. Presto realizzerò il mio sogno». Si ritira in campagna? «Diciamo di sì. Sto concludendo la stesura di un libro che pubblicherò con una nota casa editrice. Dall'uscita inizierò la mia nuova professione: lo scrittore». Sta scherzando? E chi donerà la voce a Homer Simpson? «Più che della voce mi preoccuperei dei testi, ma, vede, è tutta la vita che sogno di scrivere e ora che sta arrivando questo momento il resto passa in secondo piano e poi ci sono dei bravissimi doppiatori». Figli professionali? «Non è che abbia davvero trovato un successore, di certo tra i ragazzi che lavorano con me spiccano Adriano Giannini, bravissimo in Avatar, e Francesco Pezzulli, una sorta di figlio minore». Ha 50 anni. Non crede di aver iniziato un po' tardi? «In realtà ho iniziato prestissimo, avevo otto anni e già giocavo con la poesia. Non ho avuto, però, mai il coraggio di buttarmi. C'ho provato, infatti lasciai il teatro perché ero stanco di girare il mondo e non potermi concentrare sulla scrittura. Così iniziai a fare il doppiatore, senza riuscire poi a coronare il mio sogno, la paura era radicata nel mio io bambino». Infanzia difficile? «No, la colpa è di un cattivo maestro. Durante un compito in classe mi colpì con un nervo di bue sulle mani perché stavo ritardando la consegna per copiare il tema in bella copia. Poi quel tema vinse un concorso come il miglior scritto dell'anno, ma la paura è restata fino a divenire consapevolezza». Cosa non va nel cinema italiano? «Molti nostri attori sono impreparati, del resto non hanno più maestri. E poi, dove sono finite le storie? Il cinema Usa è diverso, sa emozionare. E gli attori si preparano a lungo, entrando davvero nel personaggio. Il cinema in Italia dovrebbe prendere esempio dal doppiaggio: fatica, lavoro, creatività e passione. Qui nulla è lasciato al caso, per questo poi la scuola di doppiaggio italiana è la migliore al mondo». Poteva essere più cattivo? «Non credo, e poi mi sto per sposare con la mia meravigliosa Joelene e bisogna essere per forza più buoni».