A caccia dell'anima
GabrieleSimongini Un invito a riflettere, a sostare, a lasciar perdere la fretta. Ancora una volta il vulcanico Luca Massimo Barbero, direttore del MACRO di via Reggio Emilia, stupisce con i cinque nuovi eventi espositivi inaugurati ieri, diversi ma legati dal filo sottile dei tempi lunghi della contemplazione. Lo si vede subito, nella hall del Museo, con l'imponente torre nera di Enzo Cucchi, una sorta di visionario «costume interiore» percorribile all'interno ed all'esterno alla ricerca di presenze poetiche e talvolta inquietanti, strane teste, teschi, quadri aggettanti nello spazio. E si prosegue con il sacrosanto omaggio alla vera signora dell'arte contemporanea italiana, Graziella Lonardi Buontempo che con i suoi Incontri Internazionali d'Arte di Palazzo Taverna ha dato forza cosmopolita alla scena artistica romana fin dai primissimi anni settanta, con mostre che hanno fatto epoca, come «Vitalità del negativo nell'arte italiana 1960/70» e «Contemporanea» (1973), entrambe curate da Achille Bonito Oliva e documentate da bellissime foto, firmate fra gli altri da Ugo Mulas Aprendo con calma le cassettiere dedicate all'evento si scoprono poi alcune opere di Boetti e Beuys. E a certificare la caratura del percorso della Signora sta pure il ritratto che le ha dedicato Andy Warhol. Con «The Blue carpet» di Ilya ed Emilia Kabakov si entra in uno spazio sacrale di grande intensità: quasi fosse all'ingresso di una moschea il visitatore deve togliersi le scarpe per poi «tuffarsi» in un gigantesco tappeto blu sul quale è invitato a sdraiarsi per contemplare la miriade di piccoli quadretti appoggiati sul margine fra pavimento e pareti. L'arte chiede una libertà sognante ed una preghiera interiore. Più concettuali sono invece le installazioni di due giovani artisti come Valentino Diego e Pietro Ruffo nell'ambito del ciclo di mostre «Coinquilini». Utilizzando molti telai di biciclette stesi a terra Diego crea una sorta di percorso ad ostacoli, mentre Ruffo inventa uno spaesante «Nuovo Paesaggio Italiano». Infine, aprendo altre cassettiere nella biblioteca si scopre la miniera delle foto d'architettura scattate a partire dagli anni sessanta da Oscar Savio e dedicate in particolare a Roma, una città che qui appare quasi metafisica, dalla Stazione Termini al Palazzo dei Congressi.