La natura morta si tinge di giallo

Anni fa, neanche tanti, servivano solo per riempire qualche parete vuota, oggi le nature morte floreali sono diventate centro di un crescente interesse culturale e artistico. Arco di trionfo di questo particolare settore delle arti figurative sarà la mostra «Fiori. Natura e simbolo dal Seicento a Van Gogh», nei Musei San Domenico di Forlì, che aprirà i battenti domenica prossima e proseguirà fino al 20 giugno. L'evento si tiene non per caso a Forlì che, nella sua Pinacoteca Civica, custodisce l'enigma dei quadri floreali, una sorta di «Monna Lisa» che affascina senza lasciarsi comprendere. Il quadro è la «Fiasca fiorita», un dipinto «ipnotico» del quale non si riesce a stabilire l'autore, ma certamente eseguito da qualcuno che di mestiere non faceva il pittore di nature morte (arte appunto secondaria alla quale spesso si dedicava chi aveva poco talento e molto bisogno di soldi), ma piuttosto da un «grande», un ritrattista, un maestro di arte sacra che, per un motivo che ancora sfugge a tutti, mise mano a questo piccolo capolavoro. L'esposizione, curata da Antonio Paolucci, Daniele Benati, Fernando Mazzocca e Alessandro Morandotti propone un centinaio di opere di autori strepitosi: Manet, Monet, Cezanne, Renoir, Klimt, Van Gogh e tanti altri. I quadri arrivano dai maggiori musei internazionali e raccontano tre secoli di storia dell'arte. Per i curatori lo scopo è quello di riscrivere «una storia della natura morta, e in particolare una storia del genere in cui i fiori sono protagonisti come nel caso della "Fiasca di Forlì", scritta per lo più dai pittori non specialisti». Da quegli artisti, cioè, che eccellevano nel raffigurare storie sacre o profane, ma che, a partire da Caravaggio, si pensi alla Canestra dell'Ambrosiana, accettarono la sfida di cimentarsi con un genere ritenuto meno nobile. Il giallo della «Fiasca», secondo Maurizio Marini, massimo conoscitore di Caravaggio, protagonista di una interessante trasmissione sulla pittura il sabato sera su Gold Shop, nasce da un errore: «Credere che Caravaggio sia un pittore di nature morte. Quadri come la il Cesto con frutta sono una parabola, un'iperbole poetica e lirica che parla di amore, morte e resurrezione». E per quello che riguarda l'attribuzione della «Fiasca», sottolineando che si tratta di un quadro veramente bello, Marini esclude si possa trattare di Caravaggio. «Non ha i requisiti tecnici - spiega - Il quadro è stato anche attribuito a Guido Cagnacci perché nella Donna che batte due cani c'era un particolare che richiamava la "Fiasca" e poi si è pensato a Tommaso Salini. Oggi si parla di Carlo Dolci - conclude - E forse è la strada giusta».