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Da Viviani a Shakespeare L'altra faccia di Cirillo

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Un'esperienzafelice, che, davanti alla generosità dei giovani interpreti, lo ha perfino indotto a riflettere sugli stessi attori professionisti, inclini a volte ad adagiarsi sul loro mestiere. Ed ora per la prima volta si accosta da regista al mondo shakespeariano, già frequentato da interprete in passato accanto a Carlo Cecchi. Si tratta di Arturo Cirillo, che si è imposto sulla nostra scena con allestimenti assai pregevoli, premiati alcuni con riconoscimenti prestigiosi. E che, in procinto di presentare al Teatro Eliseo, dal 12 al 24, un Otello, da lui stesso interpretato insieme a Danilo Nigrelli, parla del grande bardo come di un autore a cui bisogna abbandonarsi, lasciandosi guidare dal testo, che è ricchissimo. Discutendone a lungo e cercando di osservare e capire quel che accade nel gioco tra gli attori e il testo durante le prove. Per approdare, infine a un disegno registico che, a suo avviso, compie già nella distribuzione dei ruoli il suo gesto più evidente e massiccio. E che qui fa dell'isola di Cipro, dove tutto avviene, un «altrove, in qualche modo concentrazionale e recluso, un avamposto dell'occidente che incontra l'oriente». Puntando, anche sulla suggestione del «Deserto dei Tartari» di Dino Buzzati, alla delineazione di un mondo militare, le cui divise si richiamano a un po' generico esercito coloniale. «In Shakespeare le battaglie rappresentano sempre uno snodo importante, un momento cruciale anche nell'anima dei personaggi. E mi ha sempre colpito che qui l'unica battaglia che si annuncia in realtà non avviene. Ho sempre avuto l'impressione che l'autore isoli nell'inazione i personaggi e in questa inazione la violenza che non viene fuori nella guerra si sviluppa in altri modi. La suggestione di Buzzati mi serve anche per pensare come una storia così ossessiva e psicologica possa trovare poi terreno così fertile nella mente di tutti. Faccio interpretare Bianca a un uomo e ho isolato il gruppo dei commilitoni, togliendo il senso dell'esercito e delle masse. Alla fine Otello diventa quasi un dramma da camera».

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