«Gay e sinistra, amici miei»

«CiaoStefano, amico mio, ne ho fatti di soldi». Risata rotonda e Lando Buzzanca chiude il cellullare. È assediato di telefonate alla vigilia del doppio debutto in tv. Due fiction Raiuno. «Io e mio figlio», sei puntate da domenica, e «Lo scandalo della Banca Romana», il 17 e 18 prossimi. Buzzanca, Stefano chi? Stefano Munafò. Direttore di Raifiction prima di Saccà. Già. Andai da lui quando mi venne l'idea di "Mio figlio". Gli dissi chiaro e tondo: "Mi discriminano perché sono di destra. Tu sei comunista. Ma considera Buzzanca attore". Mi ascoltò. Odorisio fece sceneggiatura e regia. Così nacque "Mio figlio". Ora c'è il seguito. Il padre commissario di polizia e il figlio gay, pure poliziotto. Tema inusuale per uno come lei. Già, la solita storia della destra omofoba. Ma il mondo dello spettacolo abbonda di gay. Sono geni, grandi scenografi, o costumisti, per esempio. Però spesso se ne racconta con volgarità. La frociata...Come l'epilogo di un film dall'avvio bellissimo, "Le fate ignoranti" di Ozpetek. E invece lei? Mi chiedevo: non si parla mai delle famiglie di queste persone. Dei padri dei gay, soprattutto. Perché loro se ne accorgono tardi. Invece le madri capiscono prima. Così è nato nel 2005 il commissario Vivaldi. Adesso torna. Non teme di annoiare? Nella prima serie un padre poliziotto, uno che conosce la vita a 360 gradi, capisce che tra gli omosex non c'è solo sesso, ma amore. La stessa differenza che c'è tra andare con le prostitute o con l'innammorata. Così accetta il figlio gay. Ora i sentimenti sono innestati sul thriller, poliziesco e umano. Giallo nei casi che i due devono risolvere, giallo nei rapporti in famiglia. Come quello tra Vivaldi e sua moglie, tentata da un altro. Giudica la vita come un thriller? Sì. Nessuno sa che cosa lo aspetta. È un po' come la sorpresa che le ha fatto Munafò. O altri di sinistra. Ce ne sono parecchi che amo, ricambiato. Veltroni, Gasbarra. Bertinotti poi, straordinario. Il problema della sinistra non sono i capi, sono i caporali. Erano quelli che per dieci anni mi hanno stracciato i copioni. Eppure io sono un socialista vero. La destra è socialista. Però Benigni la voleva in Pinocchio. Invece litigaste e lei rinunciò a Mangiafuoco. A me non importava niente di quel ruolo. Accettai perché Benigni aveva preso l'Oscar. "La vita è bella", che capolavoro. Mi fa pensare a una foto che vidi a 18 anni, una farfalla su un cannone. Ma Roberto nei titoli di testa voleva mettere il mio nome in mezzo a quelli di tutti gli altri attori, e molti erano sconosciuti. Gli chiesi di metterlo in fondo, con una "e". Rifiutò. Allora rifiutai anch'io. Poi c'è stato l'altro Pinocchio tv. La Lux mi aveva offerto il ruolo della volpe. Ma si girava in inglese, non me la sono sentita. Per "Chiara e Francesco" avevo passato notti sveglio, a imparare la parte. Preferisce ruoli contemporanei o in costume? Nei ruoli contemporanei il vantaggio è che non mi trucco. Per il commissario Vivaldi non ho voluto neanche che mi tingessero i capelli. Però ha cominciato da antico romano in Ben Hur di Wyler. Era il '59. Frequentavo l'Accademia Sharoff, mi scelsero. Guadagnai 100mila lire in 5 giorni di set. Una manna per me che facevo la fame. Fui felice. Allora mi bastava un piatto di pasta e una bistecca. Anche oggi, eppure posso permettermi il caviale. Dunque sono strafelice.