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Jim Morrison, la leggenda che risorge dalle ceneri

Jim Morrison

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È soltanto uno dei tanti misteri del rock. La fine di Jim Morrison è avvolta da un alone di mistero ed eroina. Dopo quasi quarant'anni dalla «presunta» data della morte, uno dei miti degli anni Sessanta è ancora vivo nella memoria. Il Re Lucertola, come amava definirsi lui stesso, sarebbe morto per arresto cardiaco. Almeno così dicono i referti ufficiali. Ma sul suo corpo non è stata effettuata alcuna autopsia. Il 3 luglio 1971 il suo cadavere sarebbe stato trovato nella vasca da bagno dell'albergo di Parigi dove si era trasferito dagli Stati Uniti con la «compagna cosmica» Pamela Courson. La stessa che poi sarebbe morta di overdose solo tre anni dopo. I verbi al condizionale sono tanti perché sulla morte di Jim Morrison è stato detto tutto e il contrario di tutto. Come spesso accade per le morti improvvise delle star del rock (le vicende di Michael Jackson insegnano). Ad alimentare la leggenda che lo vuole vivo e vegeto da qualche parte nel mondo è stato lo stesso Ray Manzarek, celebrato tastierista dei Doors, che in un'intervista ha rivelato che Jim Morrison avrebbe più volte fantasticato sull'intenzione di simulare la propria morte per trasferirsi alle Seychelles. L'unica cosa certa è che la sua tomba si trova nel cimitero parigino di Pere Lachaise e che il luogo è tuttora costante meta di ininterrotti pellegrinaggi da tutto il mondo. Sulla lapide c'è una scritta in greco che recita: «Fedele al suo spirito». E proprio al suo spirito sciamanico si appellano i protagonisti di «Morrison Hotel», lo show in scena fino al 10 gennaio al Teatro Lo Spazio di via Locri, a San Giovanni. Pierpaolo De Mejo affronta l'idolo generazionale con un'interpretazione che vuole essere contemporaneamente omaggio al mito e processo diretto alle intenzioni, accompagnato in questo folle e visionario percorso da una band di musicisti (Valerio Cosmai - voce e chitarra, Dodo Versino - tastiere e Simone Quarantini - batteria) che reinterpreta con vigore i celebri brani del gruppo di Los Angeles. Il testo utilizza come filo conduttore i momenti fondamentali della vita di Morrison: l'infanzia e in particolare gli anni dal '64 al '70, quelli di maggior successo per il gruppo. Fino all'incontro con la Morte, la sua «unica amica». «This is the End...my only friend, the End».  

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