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Nell'ultimo libro di Carlo De Risio il mezzo che ha cambiato la Storia

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.Nato nell'Ottocento, portentoso mezzo di trasporto, strumento di lavoro, terribile arma di guerra, il treno nel «Secolo breve» assunse il ruolo di divinità pagana: immagine di progresso, visto come espressione stessa della forza e del dominio dell'uomo su una natura che (ancora) sembrava volergli resistere. Questa epopea è raccontata con passione e trasporto da Carlo De Risio in un saggio avvincente come e più di un romanzo: «Treni nella storia», 150 pagine arricchite da una bella appendice illustrata. Il libro è di Editoriale Trasporti, 25 euro. De Risio porta il lettore in un'epoca che a noi, oggi, sembra lontanissima. Una volta le distanze si misuravano a cavallo e il potere dei governanti con il numero delle baionette che aveva a sua disposizione. Ma questa filosofia «primitiva» fu spazzata via dallo sbuffante sferragliare delle locomotive a vapore. Costruire le strade ferrate era difficile e costoso, ma una volta che c'erano (a costo di quali sacrifici, però) tutto cambiava. Affrontare quello che una volta era un viaggio si trasformava una scampagnata, si poteva raggiungere una città (prima) lontana e ritornare in un giorno. Inviare un esercito a schiacciare una nazione diventava questione di ore e non più di mesi. «Il treno come mezzo di comunicazione è noto a tutti - scrive De Risio nell'introduzione - Lo è molto meno in una collocazione storica, luogo dove si sono svolti avvenimenti famosi, da libro di testo, paci, diktat, abdicazioni, incontri politici ad alto livello, viaggi segreti, eventi bellici si sono verificati lungo le strade ferrate: le pareti di un vagone hanno visto svolgersi drammi lontano dagli occhi del grosso pubblico». De Risio in una serie serrata di capitoli racconta il treno protagonista della storia. Scopriamo che Lawrence d'Arabia costruì il mito della sua figura tenendo costantemente sotto attacco le linee ferroviarie turche, senza le quali era impossibile un rapido spostamento delle truppe. Winston Churchill, ai tempi inviato di guerra in Sudafrica, fece conoscere in patria la tempra del suo carattere ed iniziò la carriera politica buttando la penna e afferrando il fucile per difendere il treno sul quale si trovava da un attacco dei Boeri. Nelle pagine del libro si vola poi in Messico, dove le continue rivoluzioni marciavano veloci sui binari della ferrovia. E in Russia, quando, ai tempi della rivoluzione d'ottobre, si fronteggiavano due treni. Su uno, splendido, elegantissimo, decorato con velluti e broccati c'era un uomo scosso e disperato: lo zar Nicola II che alla fine sul suo treno imperiale fu costretto ad abdicare. Da un'altra parte del continente girava su un treno povero e sporco, ma vincitore, Lenin che su quel treno tornò in Russia per guidare la rivoluzione. La parte più interessante del libro è, ovviamente, quella più vicina alle nostre latitudini e al nostro tempo. Attraversando l'epoca tremenda dei super-cannoni della prima Guerra mondiale, che potevano essere trasportati solo su ferro, si arriva all'era dei dittatori assoluti che fondavano il loro potere anche sul possesso di veloci treni blindati. E in questa storia di ferro, vapore, elettricità appare la fragilità dell'animo umano e la vena narrativa di De Risio. Tra gli eventi degli anni Trenta c'erano le visite che i dittatori facevano l'uno nel paese dell'altro. Naturalmente su treni dotati di ogni comodità. Ciano scrisse sul suo diario: «Preparo di persona la visita del Duce in Germania - si legge in data 27 agosto 1937 - Oggi ho approvato la prima bozza del programma. Ho raccomandato a Starace, Alfieri e Sebastiani la scelta delle persone al seguito. Curarne le uniformi. Dobbiamo apparire più prussiani di loro».

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