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Le danze del folklore hanno l'anima dell'est

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PaolaPariset La prima domenica del 2010 ci riserva la gradita sorpresa del ritorno a Roma, all'Auditorium Conciliazione, del direttore dei Berliner Symphoniker, il maestro israeliano Lior Shambadal, che - per la stagione dell'Orchestra Sinfonica di Roma della Fondazione Roma, da sempre sotto la direzione artistica e musicale di Francesco La Vecchia - dirigerà il concerto odierno alle 17,30. Lior Shambadal ha 59 anni, è nato a Tel Aviv, ha diretto tante orchestre europee e non, ed è dal 1997 direttore principale dei Berliner Symphoniker, oltre che dell'Orchestra Sinfonica Slovena. Ma oggi egli dirigerà, col suo costruttivo piglio ormai decisamente teutonico, l'Orchestra Filarmonica di Bogotà, un ensemble quarantennale composto da 97 strumentisti e con vasta esperienza musicale alle spalle. Il programma odierno, davvero avvincente, verte sul tema della danza, indi anche sul ritmo vertiginoso del ballo popolare. Infatti la «Sinfonia dal Nuovo Mondo» di Antonin Dvorák - che è poi la Sinfonia n.9 op.95, ultima del compositore ceco, scritta quando egli fu nominato direttore del Conservatorio di Musica di New York e qui eseguita alla Canergie Hall nel 1893 - è sì intrisa di spunti americani, di spirituals e di motivi pentatonici di matrice indiana: ma nel terzo movimento si abbandona con gioia alle danze esilaranti del folklore ceco. Quanto alla partitura del «Capriccio espagnol op.36» di Nikolai Rimsky Korsakov, uno degli esponenti musicali della tradizione nazionale russa, essa divenne nel 1939 uno dei Balles russes di Diaghilev nella coreografia di Massine, con le sue colorite bulerias e fandango e boleri e seguirillas di ambiente casigliano. Infine, «L'Uccello di Fuoco» - fiaba russa musicata meravigliosamente da Stravinsky nel 1910, sempre per i Ballets Russes di Diaghilev e presto seguìta da «Petrushka» e dalla celeberrima «Sagra della Primavera» del 1913 - essa è presto divenuta insieme con le predette partiture il centro dell'avanguardia musicale europea. Un'avanguardia che travolse molto più tardi anche il celeberrimo coreografo Maurice Béjart, che negli anni '70 fece dell'Uccello di Fuoco il simbolo della rivolta giovanile, sempre risorgente e vincente sulle forze della reazione.

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