«Visioni celesti», gli astri secondo la Roma papalina

L'avetemai osservata volgendo lo sguardo all'insù passeggiando lungo via Lata o attraverso piazza del Collegio Romano? Sono 88 i gradini che bisogna faticosamente salire per raggiungerne la sommità e scoprire così il primo punto di osservazione astronomico della città di Roma, risalente al 1700, e l'attuale sede della Stazione metereologica di Roma Centro. È una delle curiosità che svela la mostra «Visioni celesti, scienza e letture degli astri a Roma» presso la Biblioteca Nazionale Centrale di Roma dal 21 dicembre 2009 al 20 marzo 2010. (Dal 24 dicembre 2009 al 5 gennaio 2010 lun -ven 10-13, ingresso libero). Attraverso orologi solari e meridiane, atlanti celesti e trattati di astrologia è possibile ripercorrere la storia della mappatura dei cieli così come essi potevano essere osservati dai tetti di una Roma ancora papalina e priva di qualsiasi inquinamento luminoso. E ancora: il globo celeste manoscritto attribuito a padre Cristoforo Clavio; i fusi a stampa del globo celeste di Coronelli; un astrolabio arabo dell'inizio del XVI secolo e persino l'oroscopo dell'ex regina Cristina di Svezia. Questi sono solo alcuni dei bellissimi pezzi in mostra che ricostruiscono le tappe degli studi dei gesuiti del Collegio Romano sul Sistema solare, analisi che contribuirono a confermare quanto teoricamente affermato nel Cinquecento dal rivoluzionario quanto «eretico» De revolutionibus Orbium coelestium di Niccolò Copernico. Nel secolo di Keplero e di Galileo allorché l'invenzione del telescopio aveva dimostrato scientificamente che la Terra era solo uno dei tanti corpi celesti disseminati nell'infinita oscurità dell'universo, la grande Roma barocca puntava gli occhi al cielo per penetrare, almeno in parte, un cosmo reso improvvisamente infinito e terrificante dalla caduta del fasullo sistema aristotelico-tolemaico. Col naso all'insù, padre Clavio si adoperava a confermare le scoperte di Galileo. Padre Scheiner avendo fra le mani il celebre cannocchiale con la montatura equatoriale di padre Grienberger disegnava con diligenza le macchie solari per scrivere la sua grandiosa opera Rosa Ursina. E ancora padre De Cottignies osservava le macchie di Giove e le comete che solcarono i cieli del 1664, del 1665 e del 1668, non più presaghe di sventure. Un universo meraviglioso insomma che è possibile scoprire fra le sale della più grande biblioteca della Capitale.