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Addio a Giulio Bosetti una vita dedicata alla scena

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Avrebbecompiuto 79 anni ieri: era nato a Bergamo il 26 dicembre del 1930 sopra all'allora Teatro Duse, costruito dal nonno impresario. Aveva frequentato Scienze politiche e l'Accademia d'arte drammatica Silvio d'Amico, scegliendo presto la carriera teatrale. Dopo l'esordio con De Bosio ne «La Moscheta» di Ruzante e una breve esperienza al Piccolo di Milano con Strehler, aveva affiancato Gassman nell'«Oreste» di Alfieri, spostandosi poi tra gli stabili di Genova, Trieste e Torino. Il suo debutto alla regia è avenuto nel 1970 con «Zio Vanja» di Cechov, mentre negli anni 80 è nata la Compagnia Giulio Bosetti. Alla guida dello stabile del Veneto dal 1992 al 1997, si è impegnato e distinto nell'interpretazione di testi classici e contemporanei, sempre più coltivati soprattutto nella maturità. Direttore artistico del Teatro Carcano di Milano fin dal 1997, ha dedicato un interesse specifico alla drammaturgia pirandelliana, privilegiando uno stile asciutto, introverso, meditato e alieno da facili effetti. Capace di viaggiare con disinvoltura e pregnanza da Sofocle a Brecht, da Shakespeare a Goldoni, da Molière a Beckett, aveva curato il ritorno e l'addio al teatro di Marcello Mastroianni con «Le ultime lune» di Furio Bordon e poi aveva progettato con Tullio Kezich la versione scenica di «Un amore» di Dino Buzzati. Difensore di un teatro di parola in grado di far scoprire i grandi valori dell'uomo, si batteva per la centralità dell'attore, che dona la propria vita all'immedesimazione dei personaggi da rappresentare, rivendicando sempre la libertà dell'arte dalle compromissioni politiche, sociali e mediatiche. Attivo negli sceneggiati televisivi degli anni Sessanta e Settanta, tre i quali «La pisana», «Luisa Sanfelice», «Malombra», la «Vita di Leonardo da Vinci» e «Il ritorno di Casanova», nel cinema è stato presente in «Nag, la bombe» (1999), produzione francese per la regia di Jean Louis Milesi e nei recenti «Il cuore altrove» (2003) di Pupi Avati, «Buongiorno, notte» (2003) di Marco Bellocchio e «Il Divo» (2008) di Paolo Sorrentino, nel ruolo di Eugenio Scalfari. Nel rispetto della seria e riservata professionalità con cui ha sempre vissuto, per i funerali è stata voluta dalla famiglia la formula privata.

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