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Elementare Holmes

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Èil personaggio letterario più amato da cinema e tv ed è anche molto longevo: nato nel 1887 è arrivato nel 2009 fresco come una rosa: Sherlock Holmes, l'infallibile investigatore con pipa e lente d'ingrandimento piace nel Terzo Millennio come e più di quanto piaceva nell'800 e nel '900. Sono in arrivo ben due film con il personaggio creato dal padre del giallo, sir Arthur Conan Doyle: il primo, «Sherlock Holmes», diretto da Guy Ritchie con Robert Downey Jr. (Holmes) e Jude Law (Watson), che sarà in sala il 25 dicembre e, in un futuro più lontano, la nuova esplosiva avventura di Sacha Baron Cohen, alias Ali G, Borat e Brüno che ha deciso di trasformarsi (in modo comico, naturalmente) nell'investigatore più famoso del mondo. Per mettere nero su bianco tutte le volte che è andato in scena il personaggio di Conan Doyle servirebbe una enciclopedia, tralasciamo le edizioni teatrali che, già dalle prime apparizioni letterarie del personaggio, hanno invaso le platee di mezzo mondo. Sherlock Holmes a teatro è un gigante che ha iniziato la sua carriera quando ancora giravano i tram a cavalli. E non appena hanno iniziato a sferragliare i proiettori Holmes è diventato protagonista al cinema. Il momento di massima popolarità è arrivato alla fine degli anni '30 con una serie di pellicole interpretate da Basil Rathbone, con Nigel Bruce nella parte di Watson, per un totale di ben 14 film. La figura stessa di Holmes, con il viso affilato e gli occhi penetranti, che non era stato descritto così da Conan Doyle, è quella di Rathbone che, alla fine, è divenuto il «vero» volto del personaggio. Vero, ma certamente non unico: di attori che hanno «prestato» il viso ad Holmes ce n'è un vero plotone: Robert Stephens («La vita privata di Sherlock Holmes»), di Billy Wilder, del '70; Nicol Williamson in «Sherlock Holmes: soluzione sette per cento», del '76 con l'eccezionale Laurence Olivier che interpretava il cattivissimo James Moriarty; un altro dal viso affilato che per anni è stato l'investigatore con pipa e mantellina è Peter Cushing, (effettivamente una lontana somiglianza con Basil Rathbone ce l'ha). Nel mondo di Hollywood è quello che ha «rilevato» Rathbone negli anni Sessanta, partecipando a molti film ed anche a moltissimi telefilm. Il più giovane degli Holmes, ai tempi, nell'85, aveva 19 anni, è stato Nicholas Rowe in «Piramide di paura» che racconta le avventure del personaggio quando era studente (cose mai scritte da Conan Doyle, ma il film piacque molto). Holmes ha avuto anche un viso italiano, quello del bravissimo Nando Gazzolo che, nel 1968, fu protagonista di una seguitissima serie tv. Insomma, nato ben cento anni dopo James Bond (sir Arthur Conan Doyle sarebbe potuto essere il bisnonno di Ian Fleming e, chissà, forse una parentela c'è davvero) Sherlock Holmes arrivato nel suo terzo secolo non mostra il minimo appannamento. E il perché è facile da intuire. È l'originale. Il giallo, quello che ha fatto scrivere milioni di libri, che ha dato vita a migliaia di film, che tutte le sere dà possibilità di intrattenimento con i vari «Csi», «Ncsi», «Criminal minds» e tanti altri, ecco, il giallo in quanto tale l'ha inventato lui: Arthur Conan Doyle e gli altri, con tutto il rispetto, sono solo quelli che gli sono andati dietro. Le avventure di Sherlock Holmes, in fondo poche, scritte da Conan Doyle, solo quattro romanzi e cinquantasei racconti, sono l'inizio di tutta la letteratura gialla. Holmes è il «nonno» di Marlowe, di Maigret, di Nero Wolfe e... con buona pace per il «grande vecchio» del giallo italiano, Camilleri, è il nonno anche di Montalbano.

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