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1989, quando cadde il sultano rosso di Bucarest

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Ilregime romeno disegnato da Nicolae Ceausescu, succeduto nel 1965 a Gheorghe Gheorghiu-Dej, uno dei peggiori servi di Mosca, si configurò come giustapposizione fra dittatura rossa di tipo asiatico - il modello fu il coreano Kim Il Sung - e burocratismo stalinista. L'autonomia dimostrata verso il Cremlino fece guadagnare al dittatore attenzione e considerazione da parte del mondo libero, che, però, tenne colpevolmente gli occhi chiusi davanti alle persecuzioni della polizia segreta (Securitate), alla scomparsa nel nulla di migliaia di cittadini, al razionamento dei generi alimentari, al gigantismo del Conducator, che rase al suolo mezza Bucarest, per farne una megalopoli imperiale punteggiata di edifici mastodontici, tipo la spropositata Casa del Popolo. L'Occidente, insomma, con dissimulazione disonesta, non volle vedere quanta fame, dolore, sofferenze, infamie, ingiustizie, morte e carcere contornassero l'autonomia dall'Urss, il Kitsch e le megalomanie del Sultano rosso. Il regime implode il 17 dicembre 1989, a Timisoara, dove la Securitate spara sui ragazzi che manifestano solidarietà al sacerdote magiaro Laszlo Tokes. Le proteste contro l'ennesimo attacco alla libertà religiosa dilagano ovunque, anche nella capitale. La polizia continua a sparare, causando oltre cento morti. In Romania, persecuzioni e torture, specie a danno di cristiani, hanno rafforzato la religiosità e, come in Polonia, alla fine, sarà proprio la fede in Dio a dare la spallata decisiva al comunismo. La nomenklatura, sleale e pavida, abbandona al suo destino Ceausescu, che fugge in elicottero a Targoviþte, dove, però, viene catturato dai suoi ex collaboratori, processato sommariamente e passato per le armi, insieme alla moglie Elena, il 25 dicembre 1989. Perché i due vengono immediatamente giustiziati? A qualcuno, non del tutto a torto, può venire alla mente l'assassinio di Mussolini e la conseguente vergogna di piazzale Loreto. Di certo c'è che, in entrambi i casi, la fretta di uccidere è dettata dalla paura che i due dittatori possano parlare e indicare quanti improvvisati antiregime ne siano stati, in realtà, fautori e complici. Per l'Italia, basti fare alcuni nomi: i già fascisti Michelangelo Antonioni, Roberto Rossellini, Giulio Carlo Argan, Renato Guttuso, Giaime Pintor, Lucio Lombardo Radice, Vasco Pratolini, Pietro Ingrao, Carlo Muscetta, Mario Alicata, Paolo Sylos Labini. Giorgio Bocca fu fascista ed antisemita militante; sono, inoltre, da ricordare le camicie nere Eugenio Scalfari, Amintore Fanfani, Aldo Moro e molti altri futuri ministri della Repubblica, nonché i razzisti dichiarati da Indro Montanelli a padre Agostino Gemelli. Patetico il caso di Norberto Bobbio, antifascista ad ore, tanto da pietire, genuflesso davanti ai gerarchi, posticini, cattedre e sedi; purtroppo, anche Gabriele De Rosa, lo storico recentemente scomparso, si distinse prima come razzista, filonazista, firmatario del manifesto della razza del 1938, nonché autore di un libello sull'arianesimo, quindi come comunista, approdando, infine, nel porto sicuro della sinistra Dc. Se Mussolini avesse potuto godere di un giusto processo, avrebbe potuto fare, insomma, migliaia di chiamate in correità tra i neo-antifascisti, per lo più classificabili fra i classici eroi della sesta giornata. Mi riferisco ai futuri fondatori della Repubblica "nata dalla Resistenza", Padri Costituenti compresi. I coniugi Ceausescu, essendo in grado di coinvolgere non solo la nomenklatura romena, ma anche leader e partiti occidentali, sono, ipso facto, ammutoliti a fucilate. Erano stati assai amati in Italia da certi dirigenti del Pci (e da quasi tutto l'arco costituzionale), a cominciare da Nilde Iotti, nonché dai nostri, si fa per dire, uomini di scienza, i quali osarono l'inosabile, nominando accademica dei Lincei la signora Elena. La donna, in realtà, era ignorante militante, riedizione al femminile del sovietico Trofim D. Lysenko, il ciarlatano che il Pci cercò di presentarci come genio della genetica e della biologia. La Ceausescu, che fece solo le scuole medie inferiori, fu onorata da ben 15 lauree honoris causa, a riprova dell'endemica imbecillità accademica, da rettori e professori di tutto il mondo. Certi premi Nobel, da Fo a Obama insegnano. Elena fu definita "scienziata di fama internazionale" dal professor Antonio Carelli, pace all'anima sua, nonché, nel 1983, dal genetista, professor Giuseppe Montalenti, paradigmi incarnati di quanti confondono ed ibridano ragione di partito, opportunismo, cultura e scienza. Elena e Nicolae, dunque, vengono velocemente zittiti col piombo, per consentire ai loro complici di riciclarsi tranquillamente. Non è un caso, infatti, che il primo presidente della Romania "liberaldemocratica", Ion Iliescu, provenga dalla nomenklatura di CeauSescu. Nel giugno 1990, Iliescu, confermando che il comunismo è morto, mentre i comunisti sono vivi, vegeti e sempre gli stessi, spedisce migliaia di minatori squadristi dei Carpazi a reprimere a bastonate le manifestazioni dei liberali.

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