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Addio Pennacchi, maestro di libertà

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L'hovisto come sempre l'avevo conosciuto. Per nulla intimorito dall'attacco. Quasi disincantato. Gianni era così. Da sempre. L'ho conosciuto molti anni fa, quasi 30, tutti e due inviati, ci incontrammo a Rimini per il congresso di un partito del governo di allora. Io ero a una delle mie prime uscite. Vedevo da vicino quei personaggi che avevo conosciuto solo attraverso la televisione o le agenzie di stampa. I potenti di turno, che all'inizio degli anni '80 non rinunciavano a mostrare, a destra come a sinistra, il loro status e il loro potere. E mi colpì proprio lui che in ogni momento non rinunciava mai alla battuta o alla domanda più discola. Quando la vittima era di destra, pensavo tra me, quel giornalista di Stampa sera deve essere di sinistra. Ma poi lo vedevo usare lo stesso tono, la stessa ironia, e lo stesso atteggiamento dissacrante anche con la sponda politica opposta. Ma allora come la pensa? Domanda stupida a ripensarci oggi. Era e faceva solo il giornalista. Non tirava la volata a nessuno. Voleva solo sapere, domandava, dissacrava. Riportava sulla terra uomini che si sentivano semidei. Era semplicemente un uomo libero, faceva il proprio mestiere. E per me, un po' più giovane di lui, in questo senso è stato un maestro. Quasi un punto di riferimento. Mai in soggezione. Sorridente sempre, anche quando, da inviati in posti di fortuna intenti a scrivere i nostri servizi, eravamo pressati dalle redazioni che reclamavano gli articoli. Ricordo anche l'ironia con cui ostentava la sua Fiat Duna, che non era proprio un esempio invidiato di auto. Libertà di pensiero, curiosità e coraggio. Queste le doti di Gianni Pennacchi. Quasi un piccolo vademecum per i giovani giornalisti. E pur avendolo conosciuto e frequentato a lungo non capivo per chi votava. Aveva delle simpatie socialiste? Ma non era tra i plaudenti di Craxi, leader rispettato e temuto. Di Craxi si è occupato dopo, quando molti dei vecchi amici, caduto in disgrazia, si affrettarono a rinnegarlo. Lui no. Si avvicinò invece. E con Bobo ha scritto un libro. Ulteriore testimonianza di grande autonomia culturale. Tra i tanti commenti di queste ore c'è chi lo definisce un maestro. Immagino la reazione di Pennacchi. Eppure il suo modo di interpretare la professione dovrebbe essere da esempio per tanti giovani. L'Italia ha bisogno di giornalisti così. Credibili perché liberi.

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