Il Cristo di Michelangelo, che pasticcio
Imanifesti davanti a Montecitorio annunciavano l'operazione parlando di «Michelangelo ritrovato». E si sono sempre schierati a favore dell'autenticità fior di studiosi, tra cui Antonio Paolucci e Cristina Acidini. Ma che la statuina fosse di Michelangelo «Il Tempo» da subito dubitò, pubblicando il parere di uno dei massimi esperti di arte del Rinascimento e del Seicento, Maurizio Marini. Il quale argomentava non trattarsi della scultura del Buonarroti per una serie di motivi: per esempio, il torace del Cristo troppo grande rispetto al bacino e alle cosce, disarmonia inconcepibile nel sommo Buonarroti. E poi i tratti somatici del volto: più vicini al tardo umanesimo che al pieno Rinascimento. Infine, l'assenza di un qualsiasi documento storico sull'opera. Forse è di Benedetto da Majano o di Baccio di Montelupo, argomentò e argomenta ancora Marini. Ragion per cui il suo valore non supera i 300 mila euro. Sollecitata anche dalle perplessità avanzate da questo giornale, si è mossa mesi fa la Corte dei conti. Decisa a chiarire se il Ministero per i beni culturali abbia speso bene i suoi soldi. Così, l'altro giorno, carabinieri si sono presentati al Collegio Romano per acquisire le carte relative all'acquisto del Crocifisso. Rileva il sottosegretario Giro che furono esperti ministeriali a consigliare l'acquisizione e a definirne il prezzo quando a guidare il Mibac era Rutelli. Bondi arrivò insomma a cose fatte. Ma noi sommessamente chiediamo: non sarebbe stato meglio evitare almeno quel magniloquente «Il Michelangelo ritrovato»? Lidia Lombardi