Ma il manager Celli ci aiuta a reagire
RacheleZinzocchi «I nomi... Bisognerebbe fare i nomi, ad avere coraggio. Ma come si fa, in un Paese come il nostro; in questo momento poi che, se poco poco ti sporgi, uno che ti castiga lo trovi subito. (...) Ci vuole coraggio ad avere coraggio, oggi. Il rischio di don Abbondio era di farsi allisciare dai bravi. Un rischio, tutto sommato, modesto. Qui, invece, rischi di scomparire». Inizia così, su un filo sapientemente giocato tra provocazione e riflessione, onestà intellettuale e ironia, il nuovo libro di Pier Luigi Celli, "Coraggio, Don Abbondio - L'arte di arrendersi e il rischio di resistere in un Paese che sta perdendo l'onore" (Aliberti editore), in libreria da oggi. Un "patchwork di testi", una "serie ragionata di sketch letterari", insieme a serissimi saggi sui temi del management. Un libro che arriva dopo il successo di "Comandare è fottere", scritto da un "dirigente creativo" - "maestro di tutte le pratiche gesuitiche del management moderno" (Edmondo Berselli) - come Celli, Direttore Generale di LUISS Guido Carli, che qui ha fatto una sintesi: di parabole, sermoni e invettive per tutti gli italiani che non si rassegnano al declino, che credono nella dignità e sanno riconoscere l'ipocrisia. Che si sentono "depressi e incazzati: un buon cocktail per non dichiarare la resa". Perché è proprio la "resa" che, comunque e "coraggiosamente", non va dichiarata. È vero infatti che pullulano le storie di direttori in disgrazia, che cercano di salvare la testa dal ceppo del taglio con ogni mezzo e umiliazione: storie di generali dalla carriera burocratica, come un pugile diventato campione europeo senza essere mai salito sul ring. Storie di una classe dirigente ritratta all'inizio della caduta: con poche virtù e numerosissimi vizi, fatta di dirigenti smarriti, angosciati, circondati da una pletora di onnipresenti, strapagati consulenti. Nomi no, per carità. "Troppo impegnativo". "Non è che ci faccia difetto il coraggio", scrive Celli: "è che appare del tutto inutile rischiare in un Paese che sembra aver perso ogni senso dell'onore". Per fortuna però ci sono i giovani: da queste fondamenta - istruzione, formazione - occorre ripartire per rifondare la classe dirigente nazionale. ""Educare" sollecita connessioni con un altro tipo di ricchezza": stimola "la voglia di coltivare il futuro, forse proprio come risposta alla pochezza del presente".