I Pooh si confessano

Io, Stefano D'Orazio, sono nato a Roma, nella clinica Sant'Anna, il 12 settembre 1948. Mio padre era caposezione al distretto militare di Roma, ma non era un militare; mamma era impiegata all'Opera Nazionale Maternità e Infanzia, che ora è la sede del Ministero della Sanità: ricordo bene quel posto perché ci andavo, quando avevo circa otto anni, quando uscivo da scuola, lì passava a prendermi papà e con il 28 mi portava alla scuola di nuoto del Coni. Sono cresciuto in un palazzo di Monteverde: oltre a papà, mamma, mia sorella Paola e io, c'erano anche i nonni materni. Facevamo colazione, si pranzava e si cenava sempre tutti assieme. Sembravamo la famiglia del Mulino Bianco. A tavola ognuno raccontava quello che gli era successo durante la giornata. Questo per me era assolutamente normale, infatti un giorno che andai a pranzo da un amico, siccome mangiammo in cucina da soli, gli chiesi il perché e quando mi rispose che a casa sua funzionava così, ci rimasi malissimo. La mia è stata un'infanzia felice, non ho mai assistito a una lite dei miei genitori: non dico che non litigassero, ma non lo facevano mai davanti a me o mia sorella. Per me il concetto di famiglia era inviolabile. Una volta se in classe c'era un bambino figlio di genitori separati lo guardavano tutti male, oggi è quasi il contrario. Su questo una volta mio nipote mi ha fatto riflettere: sua mamma (la figlia di mia sorella) si era separata poco tempo dopo la sua nascita e lui, un giorno, tornando da scuola disse con grande stupore: «Mamma, lo sai che nella mia classe c'è un bambino con la madre e il padre che vivono insieme!». Quest'idea della famiglia felice forse un po' mi ha fregato: mi sono innamorato diverse volte, ma non ho mai avuto il coraggio di sposarmi perché se lo avessi fatto avrei voluto che fosse per la vita, come è stato per i miei genitori, ma conoscendomi avevo la certezza di non riuscire a ripetere quell'esperienza così straordinaria. Infatti sono l'unico dei Pooh a non avere figli. Anche se in realtà c'è Silvia, che pur non essendo figlia mia e l'ho trovata già fatta, per me lo è a tutti gli effetti: l'ho conosciuta quando aveva cinque anni, allora producevo sua madre, Lena Biolcati, con la quale dopo c'è stata una storia molto bella. Con lei, nonostante la nostra storia sia finita da molto tempo, continuiamo a essere in buoni amici... ...Ma torniamo alla mia infanzia. Alle elementari, per i primi due anni andai dalle Francescane alla Beata Angelina, poi mi spostai ai Carissimi di Piazza Mastai. Fu in quel periodo che scoprii la mia autoironia: mio padre riusciva a ironizzare su tutto, e in qualche maniera mi ha trasmesso questa cosa. Ai tempi della scuola dicevo un sacco di boiate e l'ilarità collettiva che scatenavo mi piaceva molto: usavo il mio banco come fosse un piccolo palcoscenico.