Golino&Scamarcio, da amanti a fratelli
La coppia più glamour della cinematografia italiana torna a calcare le scene smentendo i gossip su qualsiasi ventilata crisi della loro relazione. Valeria Golino e Riccardo Scamarcio sono protagonisti dell'ultimo film di Sergio Rubini, «L'uomo nero», storia autobiografica del regista che torna nella sua terra d'origine per una sorta di «Baarìa» pugliese con echi di «Pinocchio» e «Amarcord». Il film, dal 4 dicembre distribuito in 200 sale da 01, racconta l'infanzia del regista (interpretato da bambino da Guido Giaquinto e poi da Fabrizio Gifuni) che ha un rapporto conflittuale con il padre ferroviere e aspirante pittore (Rubini), mentre la madre è una solida professoressa (Golino) e con loro vive anche zio Pinuccio (Scamarcio), un simpatico e dissacrante sbruffone. Per Scamarcio è stato un magnifico regalo «poter lavorare con Valeria, un'attrice potente che emana un alone di magia attorno a sé e recitare con lei fa bene a tutti, non solo a me. E poi è stata anche un'occasione per stare più vicini, è stato come fare casa e bottega, cosa rara, perché il lavoro ci divide e siamo spesso lontani». Valeria Golino ha invece sottolineato che «se mi avessero chiesto di interpretare con lui il ruolo dell'amante, avrei sicuramente rifiutato. È una parte che abbiamo già recitato in "Texas", il film di Paravidino nel quale ci siamo innamorati. Ora, il ruolo da fratello e sorella era perfetto: mi piaceva fargli i grattini sulla scena e riempirlo di tenerezze, creare quell'atmosfera familiare che a noi veniva naturale. Io e Riccardo siamo molto simili, sotto vari aspetti e chi si somiglia alla fine si piglia». Da Scamarcio arriva anche un appello a non far morire i dialetti: «Ho apprezzato tantissimo che nel film si recitasse in dialetto pugliese. Al sud è normale parlare in dialetto e con i miei amici lo faccio sempre, mentre è un peccato che al nord i dialetti vadano scomparendo». La pellicola, prodotta da Biancafilm e Raicinema per 5 milioni di euro, vanta le musiche di Nicola Piovani e la sceneggiatura di Domenico Starnone, che condivide con Rubini i ricordi di un padre ferroviere e pittore. Smentendo di aver preso di mira i critici nel suo film, Rubini ha poi spiegato di voler stroncare «quei pregiudizi tipici dell'immobilismo meridionale. Al contrario, io con i critici veri ho un rapporto speciale e mi dispiace che i loro articoli siano oggi ridotti a poche righe. La mia è una commedia dei sensi che svela i pregiudizi e la figura paterna, quella non compresa dai figli perché vista troppo appesantita dal ruolo. Solo da grandi capiscono le debolezze, le lacrime e persino la capacità di tenere dentro di sé un segreto per tanti anni, come è capitato al padre che racconto. La storia inizia nell'oggi e poi torna agli anni '60, quando le velleità artistiche di mio padre erano oggetto di continue crisi familiari, anche per l'inadeguatezza di un mondo provinciale che rifiutava a prescindere chiunque volesse elevarsi». Nel futuro di Valeria Golino, oltre al film di Valerio Jalongo, «Daria», ci sarà anche il suo debutto alla regia in un cortometraggio, una storia d'amore ambientata a Napoli. Mentre Scamarcio resterà, almeno per ora, fedele al mestiere d'attore: ha appena finito di girare «Mine vaganti» di Ozpetek e sarà poi tra i protagonisti (unico italiano) di un film di guerra, opera prima di un regista francese.