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Zaslavsky e il coraggio di denunciare i rapporti tra comunisti italiani e sovietici

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Lascomparsa a Roma del professor Victor Zaslavsky (nato a San Pietroburgo nel 1937) toglie alla rada pattuglia degli storici veri, quelli che gli archivi li frequentano davvero, uno studioso di luce e di verità. Proprio negli archivi di Mosca, coadiuvato dalla moglie Elena Aga-Rossi, scoprì la documentazione inedita, che dissolse come neve al sole una delle grandi menzogne del Pci. Zaslavsky, infatti, dimostrò, carte alla mano, che la famosa "svolta di Salerno" del 1944, per decenni decantata come prova inconfutabile della moderazione e del patriottismo di Togliatti, fu, in realtà, dettata da un perentorio ordine di Stalin. I fatti, accertati in maniera inconfutabile da Zaslavsky, procedettero con la seguente successione: nel febbraio 1944 a Mosca Togliatti, d'intesa con Dimitrov, il bulgaro capo del Komintern, redige un testo, sui compiti dei comunisti italiani, indirizzato a Stalin. Togliatti, fra l'altro, afferma: "...i comunisti chiedono la costituzione di un governo democratico provvisorio... essi chiedono l'abdicazione del re...i comunisti rifiutano di partecipare all'attuale governo (Badoglio, ndr)». Nella notte tra il 3 e il 4 marzo 1944, Togliatti il rivoluzionario riceve una lezione di realismo politico da parte di Stalin, che gli ordina la "svolta di Salerno", spiegandogli che un marxista bada al sodo e non alle forme, quindi non aveva senso pretendere l'abdicazione del Savoia, mentre l'imperativo di quella fase imponeva di riconoscere subito Badoglio ed entrare a far parte del suo governo. Togliatti - come ci ha insegnato Zaslavsky -, coda fra le gambe, modificò profondamente il documento "Sui compiti all'ordine del giorno dei comunisti italiani", facendo proprie le direttive di Stalin. L'unico a capire che cosa, in verità, celasse l'improvvisa moderazione del leader comunista italiano, sbarcato in aprile a Salerno, fu Benedetto Croce, il quale sul diario annotò: «E' certamente un abile colpo della Repubblica dei Soviet vibrato agli angloamericani, perché sotto il colore di intensificare la guerra contro i tedeschi, introduce i comunisti nel governo, facendoli iniziatori di una nuova politica sopra o contro gli altri partiti, che si trovano costretti a seguirli...». Le ricerche di Zaslavsky hanno disvelato altri castelli di menzogne, a cominciare dal fondamentale saggio sul "Massacro di Katyn/Il crimine e la menzogna". Questo lavoro del 1998 consentì, per la prima volta in Italia, di leggere 24 documenti ufficiali, che provano come la strage di Katyn (15 mila assassinati) e dintorni (altre 10 mila persone circa) fu un'efferata operazione di "pulizia etnica" pensata a tavolino e realizzata su ordine di Stalin e Berija, per scongiurare che la Polonia anche a futura memoria potesse ricostituire una classe dirigente di rilievo. Dalla lettera di Berija a Stalin, 5 marzo 1940: «Esaminare i casi secondo una procedura speciale, applicando nei confronti dei detenuti la più alta misura punitiva: la fucilazione. Condurre l'esame dei casi senza citare in giudizio e senza presentare l'imputazione, senza documentare la conclusione dell'istruttoria né l'atto d'accusa». Furono selezionati ed eliminati ufficiali, poliziotti, sacerdoti, professori, professionisti, intellettuali, artisti, economisti, medici, farmacisti, quanti, insomma, avrebbero potuto riformare la testa pensante della nazione. I polacchi dovevano essere ridotti a sole braccia, ma i comunisti non considerarono che proprio quelle braccia, gli operai di Danzica, determineranno il rinascimento polacco e il crolo del comunismo. Grazie allo studioso di San Pietroburgo, ma romano di adozione, è crollato un pezzo di Muro italiano, ovvero la barriera della disinformazione e delle pagine sbianchettate edificata da un'editoria e da mass media infiltrati o succubi della cosiddetta egemonia culturale comunista. L'omaggio migliore da rendere a Zaslavsky sarebbe quello di ricordarlo nelle scuole, adottando nelle medie superiori e nelle facoltà umanistiche almeno uno dei suoi lavori, dall' «Emigrazione ebraica e la politica delle nazionalità in Urss» (1985) sino alla nuova edizione, 2007, di "Togliatti e Stalin/Il Pci e la politica estera staliniana negli archivi di Mosca" (con Elena Aga-Rossi). Grazie Victor, uomo di verità e di luce.

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