Mutare pelle all'infinito
RobertaMaresci La tv perde Pezzi, Andrea Pezzi. Colpa di un «Fuori programma» (pag. 176) condiviso con la Bompiani editore, che ha scelto di assecondare le sfide e i metodi di uno di quelli abituato a rispondere «meglio una gallina domani», avendo realizzato «OVO», un progetto satellitare dalle uova d'oro. E se lo dice il camaleontico opinionista, giornalista, autore, conduttore e vj, simbolo della rete in Italia, c'è da credergli. «Bastano tre minuti per incuriosire, mentre non basta una vita intera per sfamare un curioso: questo è quello che penso», scrive l'istrionico psicologo, partendo dal fatto che «ogni ora perduta nella giovinezza è una probabilità di disgrazia per l'avvenire». Pensiero di Napoleone Bonaparte che Pezzi ha convertito in dedica in questo suo diario. E parte dalla fine. Mutando pelle pur di rimanere se stesso. Essendo cresciuto a pane e curiosità, avendo fatto tv come voleva che la tv fosse, sviluppando messaggi come voleva che i messaggi fossero, facendo immersioni di umanità per arrivare a fare la stessa sospirata considerazione: «La vita è un bellissimo gioco di intelligenza. Il comunismo, il capitalismo, le dittature, la democrazia, le religioni, il materialismo in fondo è tutto come un infinito caleidoscopio di per sé sempre fittizio e vano, attraverso il quale, però, ogni singolo individuo, in ogni tempo, è chiamato a confrontarsi con se stesso per diventare Grande». Ora Andrea Pezzi ha raggiunto la maggiore età. Ed è cambiato di nuovo. Ma prova lo stesso stupore nel «dire parole e poi vederle trasformarsi in persone, tavoli, opportunità, contratti, poltrone, luoghi in cui formare e formarsi». A lui è accaduto. «Mettere assieme quattrocento ragazzi: i migliori motion designer e video maker sul web, costruire con loro la più grande fabbrica di immagini del mondo, dargli accesso a tutti gli archivi mondiali di immagini, e costruire, come se fossero videoclip di MTV, pillole di sapere essenziale, raccontare le biografie degli uomini e delle donne che hanno fatto la storia, farlo come nessuno lo ha mai fatto. Dare a tanti ragazzi della mia età e non solo – racconta -, la possibilità di trovare spunti interessanti e fonti di ispirazione senza chiedere loro troppo sforzo». Era l'uovo di Colombo ma bisognava arrivarci. Onore al merito a questo giovane con la sua «sancta sanctorum» e il suo giardino delle fragole da una parte, strizzando l'occhio «al mondo con tutte le sue relazioni, tutte vissute come mezzo per capire me stesso, per assaggiare ogni giorno il gusto dolce delle mie fragole». E la domanda nasce spontanea: per chi è questo libro? «I giovani – risponde l'autore - E giovane è per me chi ha assimilato pochi stereotipi. Non intendo quindi indicare un dato anagrafico ma, in senso lato, tutte quelle persone che mantengono ancora un giudizio relativo di fronte all'impatto che la società provoca in loro. I ragazzi vedono l'assurda contraddittorietà di chi si aggrappa ciecamente agli stereotipi della società, ma non trovano alternative. Tuttavia hanno ancora i rami flessibili e ancora possono imparare a giocarli nel vento. Vorrei condividere con tutti i giovani migliori questa profonda evidenza: una volta che un individuo diventa della società, non potrà più sperare di incontrare la Vita. Si tratta di imparare a vivere nella società senza mai diventare della società». Chi tra voi non vuole diventare un ingranaggio della macchina, troverà un sentiero nel libro e un posto al Caffè Fandango a Roma (piazza di Pietra 7), il 2 dicembre, quando Andrea Pezzi accoglierà i suoi fan, presentato dal nostro direttore Roberto Arditti (ore 18,30).