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L'amore ai tempi del trans tra emarginati e carcerati

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Esembrano addirittura lontani i tempi in cui Pedro Almodovar faceva scandalo con la pellicola «Tachi a spillo», dove appare un inedito Miguel Bosè nel ruolo di un giudice dalla doppia vita che vive di notte come un travestito. Così dopo la vittoria a Venezia di Colin Firth mirabile interprete di un romantico omossessuale in «A single man» di Tom Ford, e dopo il più recente «Brotherhood» (storia di rapporti sentimentali tra nazi-gay) dell'italo danese Nicolò Donato, al Torino film festival emerge un'altra pellicola su un amore particolare. «La bocca del lupo» di Pietro Marcello, primo italiano che vince a Torino, ha veramente conquistato tutti. La pellicola, distribuita da Bim e Rai Cinema, in tv come nelle sale (dove per l'anomala durata di 67 minuti sarà probabilmente accoppiata a un corto), è tratta da un fatto vero. In una sorta di docu-drama, che non sfocia mai nel melodramma, tra materiali d'archivio e atmosfere poetiche, il regista gira nei misteriosi carrugi della vecchia Genova, quella che rievoca le struggenti ballate di De Andrè, dove una donna matura aspetta il ritorno a casa del suo uomo. A mano a mano, il mistero si dipana in modo inconsueto e sorprendente: si scopre così che i due, Enzo e Mary, si erano conosciuti molti anni prima in carcere, dove Enzo (siciliano trapiantato al nord) ha imparato a leggere, a scrivere e ha preso il diploma da elettrotecnico. Il viso di Enzo, consumato dalla vita con dei caratteri somatici straordinari, al di là dell'immaginabile, fa innamorare Mary che ha scontato una pena molto più lieve: Mary era però un ragazzo e ora è un trans attempato. A dispetto delle drammatiche e recenti cronache alle quali ci stiamo purtroppo abituando, Mary non è un transessuale che si prostituisce o ricatta i suoi clienti, ma è una figura discreta e romantica, dolce e fedele, che per anni ha mandato a Enzo in galera dei nastri con la sua voce registrata. Al pugno nello stomaco di stampo pasoliniano si accompagna la poesia e il sentimento di un'autentica storia d'amore di due persone che si amano oltre qualsiasi confine e sovrastruttura. Enzo e Mary si conoscono durante l'ora d'aria e, ascoltando le reciproche voci nei corridoi, si amano per 4 mesi in carcere. Poi Mary aspetta Enzo per 7 anni finché i due non vanno a vivere insieme. Ma il film nasconde un retroscena ancora più sorprendente: realizzato con 100 mila euro, è nato da un'idea della Fondazione San Marcellino, gesuiti che assistono senza tetto ed emarginati in città. Sono stati loro a finanziarlo, mentre a produrlo direttamente ci ha pensato la neonata Avventurosa Film di Pietro Marcello e Dario Zonta, insieme alla Indigo di Nicola Giuliano e Francesca Cima, a cui si deve anche l'opera prima del 33enne cineasta, «Il passaggio della linea».

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