Ecco perché sappiamo di Guernica
I maggiori giornali di tutto il mondo inviarono le migliori firme a copertura del conflitto, ma in Spagna affluirono volontariamente anche molti intellettuali, scrittori ed artisti. L'Istituto Cervantes di Roma in collaborazione con l'Ambasciata di Spagna e la Fondazione Pablo Iglesias, presenta, presso la sede del Museo Boncompagni Ludovisi, la mostra dal titolo "Corrispondenti nella Guerra Civile Spagnola", a cura di Carlos García Santa Cecilia. La mostra propone trenta tra i migliori reportage dell'epoca, insieme a fotografie, manifesti, libri, filmati e strumenti da lavoro. Molte le firme celebri come quelle di Indro Montanelli, Ernest Hemingway, George Orwell, Antoine de Saint-Exupery. Ne parla a Il Tempo lo storico Paul Preston, che da più trent'anni si dedica allo studio della Guerra di Spagna. Professor Preston, quanto incise il conflitto spagnolo sulla storia d'Europa? Molto. In un certo senso si può parlare di una guerra civile europea durata fino al 1989 (anno della caduta del Muro di Berlino), di cui la Guerra Civile Spagnola rappresenta una delle battaglie fondamentali. Inizialmente si è trattato di una guerra di tipo coloniale, condotta secondo le stesse tecniche usate in Marocco contro le tribù indigene. Quando i repubblicani sono stati in grado di costituire un esercito, la guerra assunse poi le stesse dinamiche della prima guerra mondiale, ovvero una guerra lenta, di posizione. Ma naturalmente le tecnologia era cambiata e il conflitto finì per anticipare la seconda guerra mondiale. Del resto tutti gli eserciti che vi hanno preso parte, hanno testato le armi e le dinamiche che poi avrebbero usato nel conflitto successivo. Così Guernica, per i tedeschi rappresenta il primo esempio di blitzkrieg. Oltretutto fu una guerra che ebbe una risonanza mondiale, mediatica ante litteram. Moltissimi furono gli scrittori che accorsero in Spagna per raccontare da dentro la guerra. Al fianco di molti giornalisti professionisti, c'erano alcuni che andarono per combattere, come George Orwell e altri come Hemingway, che andarono solo per scriverne. Naturalmente in questo contesto bisogna fare delle differenze. I giornalisti al seguito delle truppe di Franco erano vincolati dai controlli della censura ed in un certo senso dovevano allinearsi alla propaganda. Nella zona repubblicana c'era più libertà, ma molti scrittori in realtà non scrissero durante la guerra, bensì dopo, nella memorialistica. Dunque, punti di vista più che disparati. L'immagine della guerra che ci trasmettono dipende ovviamente da che parte lavoravano. Chi era con i repubblicani enfatizzava l'eroica reazione popolare contro il fascismo, ritenendo che in Spagna fosse l'ultima occasione per tentare di frenare il nazifascismo in Europa, mentre dall'altra parte il quadro uniforme descriveva la reazione alla paventata barbarie del comunismo. Come lavorano, oggi, i corrispondenti di guerra? Molto diversamente. Innanzitutto per via delle moderne tecnologie di comunicazione. In Spagna era possibile essere fisicamente sulla linea del fuoco. Oggi non più, anche perché le guerre moderne vengono prevalentemente combattute a distanza. Ma un lavoro simile a quello di 70 anni fa è quello dei reporter attivi ad esempio nei Balcani o in Libano, e che si calano nella realtà materiale dello scontro, in prima linea. Certo è più raro che ci siano letterati o intellettuali. Ciò dipende dal fatto che spesso non sono particolarmente coinvolti ideologicamente o che più facilmente vengono delegati i giornalisti professionisti per raccontare la cronaca. I giornali non inviano grandi scrittori in zone di guerra. Mentre molti opinionisti possono scriverne senza mai uscire di casa, potendo acquisire via internet le notizie in tempo reale. Dunque, reportage simili oggi non esistono quasi più. Meno letteratura e cronache asettiche. È un bene? Io sono comunque un gran sostenitore dell'utilità della stampa per lo storico, pur con le dovute cautele. Del resto alcuni articoli sulla Guerra Civile Spagnola sono l'unica testimonianza esistente dei fatti ed hanno perciò un valore inestimabile. Credo che questa mostra abbia perciò una grande importanza. Le testimonianze presentate sono anche un esempio di cosa un inviato di guerra dovrebbe fare. Nessun altra guerra prima di allora ha avuto tanta corrispondenza, riuscendo a trasmettere con grande efficacia la cronaca reale del conflitto in corso. Noi non sapremmo di Guernica se non fosse per George L. Steer che era lì, subito dopo il terribile bombardamento. La mostra trasferisce tutto questo con grande efficacia.