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Mille e una favola attorno al Mediterraneo

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Dopo il debutto veneziano approda nella Capitale, da stasera al 19 novembre all'Eliseo, il nuovo spettacolo di Maurizio Scaparro «Polvere di Bagdad» con testo di Adonis e due protagonisti d'eccezione come Massimo Ranieri e l'étoile Eleonora Abbagnato. Momento conclusivo di una riflessione intima e artistica del direttore del Settore Teatro della Biennale, il lavoro scenico si incentra sulla necessità del recupero della parola, sull'affabulazione, sull'arte del racconto e sull'oralità che nel Mediterraneo hanno avuto la loro massima esaltazione nell'opera Le Mille e Una Notte. «L'allestimento scaturisce dal desiderio di ricordare oggi un immaginario distrutto dalla violenza della guerra, dal tentativo utopico di ricordare una città dove i profumi rallegravano l'anima» commenta il regista. «Massimo Ranieri sarà un Sindbad che dal passato torna nella Bagdad martoriata di oggi, evocata anche dalle più vicine cronache scritte da Massimo Nava, lo scrittore e giornalista per molti anni corrispondente di guerra, anche dall'Iraq. Le cronache testimoniano la volontà, che continua negli anni, di resistere, di vivere malgrado la guerra e nonostante i kamikaze in una città che possa continuare a essere normale. Proprio per la naturale commistione del cunto mediterraneo di parola, musica, danza, ho voluto attori, danzatori e musicisti tutti provenienti dal bacino del Mediterraneo fra i quali spicca la presenza di Eleonora Abbagnato, la prima ballerina dell'Opèra di Parigi che, con Adriana Borriello, coreografa dello spettacolo, ha potuto affrontare una particolare sfida artistica legata ai nuovi linguaggi della danza contemporanea nonché la partecipazione di Tadayon Pejman, prestigioso suonatore persiano di oud e setar». Lo spirito della rappresentazione può essere sintetizzato nella frase che un giornalista ha scritto alla fine del laboratorio teatrale veneziano tenuto nei mesi scorsi: «Mille e una Favola salvano la vita. Lo ha detto Shaharazade. Mille e una bugia distruggono una civiltà. Lo dice la politica». Se la storia ha permesso che Bagdad si trasformasse da una città fiabesca in una realtà tragica, non significa che sia ormai condannata. Nella potenza ancestrale del teatro c'è il sogno concreto e collettivo di parlare all'umanità della sua esperienza per aiutarla a mutare il corso degli eventi e a raggiungere maggiori e più evolute consapevolezze. A guidare il cammino è l'utopia necessaria di Adonis, quando scrive: «Verrà un tempo tra la cenere e la rosa / si estinguerà ogni cosa / rinascerà ogni cosa / pace alla rosa delle tenebre e della sabbia / pace a Bagdhad». L'arte si concede la speranza in un rito collettivo che denuncia e purifica, scoraggia e consola, in virtù della complicità della platea.

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