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"La Prima Linea", il film che divide

Riccardo Scamarcio in una scena del film

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«Non è nel nostro dna operere censure preventive»: Roberto Della Rocca, presidente dell'Associazione Italiana Vittime del Terrorismo mette in chiaro che lui non vuole tappare la bocca a nessuno, nemmeno a quelli che nel 1980 a Genova gli hanno sparato due pallottole nelle gambe, le Br. Però non fa sconti ai terroristi, né rossi né neri: «Questa è gente che si è fatta pochi anni di galera e adesso viene a dirci come dobbiamo organizzare la nostra vita». Il dibattito sugli Anni di Piombo si accende con l'uscita, tra pochi giorni, del film «La Prima Linea». «Raccontare la storia va bene - dice Della Rocca - ma ho l'impressione che questi film li faccia chi ha nostalgia di quei tempi». Roberto Della Rocca, è giusto fare film su eventi così recenti? «Di certo non è utile creare un black out nella Storia... la verità e la cronaca vanno riportate, altrimenti i ragazzi di oggi, che non sanno nulla sull'abbattimento del Muro di Berlino, sicuramente non potranno conoscere lo stillicidio di omicidi, la mattanza delle Br e anche ad opera di gruppi di destra, che ci sono stati. Di "La Prima Linea" l'Associazione ha criticato la scelta di Mezzogiorno e Scamarcio, i divi più adorati dai giovani. Questo poteva creare un effetto romantico, di emulazione. Comunque nel film, verso il quale abbiamo una posizione neutra, li hanno imbruttiti, per fortuna. La nostra associazione vuole che si parli degli Anni di Piombo, abbiamo anche organizzato delle mostre fotografiche».  Ha visto «La Prima Linea»? «No, è troppo presto. Lo andremo a vedere, tra un po', e ci esprimeremo come associazione. La mia opinione personale non conta. L'importante, quando si fanno questi film, sono: il rigore storico e che non passino certi teoremi. In altri film mi è sembrato di cogliere un certo compiacimento. Mi sembra che li girino i nostalgici. C'è da considerare anche il fenomeno di contiguità con il terrorismo italiano che, per anni, ha avuto centinaia, forse migliaia di simpatizzanti». Cosa ricorda di chi le ha sparato? «Lo sguardo di odio. Mi ha guardato come se fossi una cosa immonda. Eppure non c'erano questioni personali, mi sono domandato quale trattamento psicologico facessero su loro stessi i terroristi per odiare così. Non sparavano ad una persona, ma ad un'icona. Sono dei cecchini, che dovrebbero stare al posto loro». Pensa che i terroristi abbiano ricevuto pene troppo miti? «Sono pluriomicidi che hanno scontato pochissimi anni di prigione. Questo è impensabile in qualunque altra parte del mondo». Che film vorrebbe vedere? «Uno con qualche brandello di verità, che mostri che giustizia è stata fatta in Italia. La verità, invece, è stata appena toccata».

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