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«Stop agli oneri fiscali per gli stabili»

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Siè resa, quindi, necessaria la nascita dell'Antes (Associazione Nazionale Teatro E Spettacolo) che vuole proporsi come sindacato di categoria sul territorio nazionale, in grado di promuovere le istanze di un universo professionale, non ancora adeguatamente riconosciuto e tutelato, che coinvolge oltre 200 mila lavoratori e sei mila aziende creative. Il Presidente Giorgio Barattolo chiarisce i termini di una situazione drammatica che merita una maggiore attenzione. Qual è il problema più urgente nel settore dello spettacolo dal vivo? «Non esiste una categoria professionale. L'innovazione e la produzione teatrale devono ottenere la dignità di lavoro. Non ci sono ammortizzatori sociali per un mondo formato dalle attività creative più disparate che determina un enorme indotto di servizio ed è completamente abbandonato dalle istituzioni. Attendiamo che venga colmato un vuoto normativo sia con la legge quadro della Carlucci, sia con la legge per il riconoscimento agli esercenti e alle compagnie teatrali della qualifica di piccole e medie imprese». Cosa cambierebbe? «I produttori di cultura non sarebbero più esclusi dall'accesso ai finanziamenti europei e alle più varie forme di credito e sponsorizzazione, risultando equiparati a tutti gli effetti alle imprese. Non chiediamo finanziamenti pubblici, ma strumenti legislativi consoni per continuare a garantire al pubblico un'offerta artistica degna di un Paese civile». Come intendete procedere? «Per ora, abbiamo anche instaurato un tavolo di consultazione con la Siae per differenziare i minimi fissi che attualmente non distinguono i piccoli dai grandi teatri, penalizzando troppo i primi. Il teatro, inoltre, è il più vessato da controlli e oneri fiscali: non c'è nessuna evasione e sarebbe proprio il caso di dotarlo di opportune agevolazioni». T.d.M.

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