Trentamila lavoratori dello spettacolo hanno perso il posto nel 2009.

L'Antes,Onlus nata un anno fa per tutelare tutti i soggetti appartenenti al settore dello spettacolo dal vivo, migliorare le condizioni giuridiche ed economiche del sistema e promuovere e valorizzare l'attività culturale in tutte le sue forme, chiede oggi l'attenzione del Governo verso il settore spettacolo che, con 250 mila lavoratori e più di 6 mila imprese, è volano di una parte importante dell'economia nazionale. Nell'incontro che si terrà (alle 12.15) al Tempio di Adriano di Roma, L'Antes si confronterà con alcuni soggetti coinvolti nel settore dello spettacolo dal vivo: la Siae, con l'avvocato Giorgio Assumma; il Cna, (Confederazione Nazionale dell'Artigianato e della Piccola e Media Impresa) con il direttore Lorenzo Tagliavanti; i firmatari della proposta di Legge Quadro per lo spettacolo dal vivo, gli onorevoli, Gabriella Carlucci, Emilia de Biasi e Fiorella Ceccacci Rubino; e i rappresentanti dei ministeri del Lavoro, delle Attività Produttive e della Semplificazione. Visto il carattere effettivo di Pim (Piccole e medie imprese) nelle realtà culturali e di spettacolo dal vivo che nel 2008 hanno creato un volume d'affari di circa 2 miliardi di euro, con 600 milioni di euro di «oneri sociali» e fiscali pagati dalle stesse imprese, L'Antes chiede l'immediata riconoscibilità di queste realtà come Pim e propone il riconoscimento di un regime di Iva al 4% come applicata ai settori dell'editoria e dell'agricoltura. Chiede inoltre di istituire degli ammortizzatori sociali, come l'abolizione dell'Irap, l'approvazione di una legge quadro per lo spettacolo dal vivo e l'urgentissima assegnazione dei fondi 2009. Di fronte a questi dati Luca Barbareschi, deputato del Pdl, attore e produttore, non appare sorpreso più di tanto. «Ce l'aspettavamo - dice - E sono proposte che abbiamo già fatto, non c'è nulla di nuovo. Io sono sempre da solo a fare le mie battaglie con un governo di cui faccio parte, ma da cui spesso mi dissocio. La politica non affronta oggi i veri problemi del Paese, se non con decreti populistici. Si sa che l'Italia è al terzo posto in Europa per l'aumento del Pil ed è vero che gira molta liquidità, ma è tutta in mano a mafia, 'ndrangheta e camorra. Riguardo ai 30 mila posti di lavoro in meno nello spettacolo dal vivo non si può fare nulla, purtroppo. Ripeto, resto sempre solo a chiedere i soldi per il Fus e per la Banda larga che migliorerebbe la velocità su Internet: anche qui sono stati tolti 800 milioni di euro promessi dal governo come fondi. La verità è che bisogna adattarsi a nuovi epocali mutamenti sociali. La gente deve abituarsi a cambiare lavoro tre o quattro volte nella vita. Ma gli italiani sono ancora lontani da questa realtà e quando sento che occorre tornare al posto fisso mi sento male. Per il teatro non esistono politiche: o sei bravo o esci fuori dal giro. Io faccio il mio spettacolo da solo e ho sempre i teatri pieni. Ieri abbiamo finito al Quirino di Roma con lo spettacolo "Il caso di Alessandro e Maria" e abbiamo incassato l'ira di Dio. Stasera saremo al Bellini di Napoli e poi a Bari e a Catania. Questo non significa che il governo non debba dare però i fondi al teatro: i fondi devono essere dati ma solo a chi fa bene il proprio mestiere. L'allarme non arriva solo dal teatro, ma anche dal cinema, sul quale incombe un pericolo che ha già recato danni, ovvero la scomparsa delle sale cinematografiche nei centri urbani. D'altra parte, oggi il pubblico pretende poltrone comode, schermi grandi e sofisticati, guardiamo cosa offrono città come Los Angeles o New York. Poche sale ma straordinarie, lussuose e accoglienti. Non certo le poltrone sporche e bucate dell'Adriano di Roma».