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Realismo socialista out, tutti pazzi per il pop

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Ecosì le due mostre dedicate all'epoca del Muro, prima e dopo, che si sono inaugurate ieri nei padiglioni del Macro Future al Mattatoio, una intitolata «Via libera-Verso la libertà» e l'altra «Apocalypse Wow!», ci portano a spasso attraverso sessant'anni di storia, tra luci ed ombre: la fine della seconda guerra mondiale, la costruzione del Muro, la guerra fredda, i messaggi di pace di Kennedy, Papa Wojtyla e poi le illuminate aperture di Gorbaciov, l'epocale crollo del Muro, l'inizio della globalizzazione, le reazioni dell'arte contemporanea e via discorrendo. La prima, curata da Lorena Munforti, Giancarlo Riccio ed Angelo Mellone, è una sorta di avvincente installazione multimediale che ci fa entrare quasi fisicamente nella Berlino del Muro, prima attraverso il dramma della sua costruzione e poi tramite la catarsi finale dell'abbattimento e della libertà. Entusiasmanti sono le immagini del crollo e delle prime travolgenti feste popolari riproposte attraverso i telegiornali di Berlino Est e di Berlino Ovest, dopo l'annichilimento della propaganda di regime e del pervasivo controllo dei cittadini, fra i quali quasi seimila erano comunque riusciti ad oltrepassare il Muro con i più avventurosi mezzi di fuga, dalla mongolfiera ai tunnel, dalle automobili modificate ai travestimenti da ufficiali russi. E quanto mai commoventi sono i filmati che riprendono il ricongiungimento di intere famiglie prima separate dal Muro. La seconda mostra (curata da Julie Kogler e Giorgio Calcara) suggerisce invece l'ipotesi quanto mai fondata che dopo la caduta del Muro siano crollate anche le barriere fra correnti artistiche nel trionfo della coesistenza delle differenze e soprattutto nella rivelazione (come recita l'etimologia originaria della parola apocalisse) di tendenze prima sottovalutate dal sistema dell'arte. Così sono presentati una quarantina di artisti internazionali, molti dei quali gravitanti su Berlino, ed appartenenti al pop surrealismo, al neo pop e alla urban art. E' il trionfo, non di rado assai kitsch, della contaminazione fra pubblicità, cinema, spot televisivi, fumetti, copertine di dischi, feticci delle ultime generazioni, in un delirio di visioni sospese fra incubi apocalittici e ironici paradossi. Ma per alcuni aspetti è una mostra fotocopia della precedente, da poco conclusa, «New York Minute».

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