A Berlino da Walesa a Gorby
Da settimane, mesi, si sapeva che il Muro sarebbe caduto. E dunque quando si sbriciolò per davvero, nessuno lo dichiarò ufficialmente. I tedeschi, e il mondo, lo seppero dalla televisione. Ma le autorità della Ddr si rimpallarono per ore, senza concludere, uno straccio di comunicato, di documento ufficiale che certificasse la rivoluzione senza sangue, l'apocalisse del secolo breve. Così i vopos - i poliziotti della Volkspolizei, organizzata come la militia sovietica - gli sbirri sistemati per decenni ai varchi tra Berlino Est e Berlino Ovest non sapevano che pesci pigliare. Erano abituati a sparare ai due, quattro, cinque disperati in fuga dal comunismo. Il 9 novembre si trovarono di fronte un altro muro. Di gente. E allora ruppero le file. Domani pomeriggio Angela Merkel, la cancelliera, oltrepasserà con Walesa e Gorbaciov l'ex checkpoint sul ponte Bornholmer. Esattamente come fece a Berlino Est quel giovedì di 20 anni fa. «Tornavo a casa dall'Accademia delle Scienze - racconta - e sentii l'annuncio in diretta di Schabowski, un dirigente di partito, sull'apertura delle frontiere. Non capii subito la portata di quelle parole, ma avvertii mia madre. Poi feci una sauna e, uscita, mi unii al fiume di gente che attraversava le frontiere». Merkel ha invitato a Berlino i capi di governo e di Stato dei 27 membri dell'Ue. Ci saranno Sarkozy, Berlusconi, Gordon Brown, il presidente russo Medvedev, quelli della Commissione Europea, Barroso, e dell'europarlamento Buzek. Hillary Clinton rappresenterà gli Usa al posto di Obama, in viaggio in Asia. Altro assente, Helmut Kohl, il cancelliere della riunificazione, malato. Nel centro di Berlino sono pronti mille blocchi di poliestere sistemati uno dopo l'altro. Simboleggiano il Muro. Domani sera ogni blocco - alto 2,5 metri, dipinto a mano - provocherà la caduta del successivo, lungo tutto il chilometro e mezzo tra la Potsdamer Platz e il Reichstadt. Sarà Lech Walesa, a far cadere la prima «pietra» del gigantesco domino. Dall'altro capo ci saranno Barroso e Buzek. Una cerimonia da bagno di folla, preceduta, alle 19, da un concerto alla Porta di Brandeburgo, diretto da Daniel Barenboim. Le celebrazioni si concluderanno con l'anteprima della canzone «We are one» - «Siamo uno» - composta da Paul Van Dyk, il dj che a Berlino Est registrava le canzoni mandate in onda nella metà capitalista della città e ci faceva fior di feste con gli amici. Finale con fuochi d'artificio. I colori nel cielo sopra Berlino.