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Tutto ciò che è comodo è stupido

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Lopsichiatra Paolo Crepet consiglia ai genitori di scriverlo a caratteri cubitali nelle camerette dei loro figli per far capire che la vita è fatta di disciplina, applicazione, passione...cose senza le quali non si arriva da nessuna parte. O forse si arriva al bullismo, che è troppo facile liquidare come «ragazzata», all'abuso di alcol, tra le prime cause di morte fra i giovani, al telecomando, che insieme a Facebook e all'iPod portano verso un uso «surfistico» delle relazioni, improntate cioè all'eccitazione momentanea, alla comodità priva di riflessione... E sono proprio questi i capitoli di «Sfamiglia» (Einaudi pag. 170) il meditato e utilissimo vademecum di Crepet, dove ogni parola chiave è l'occasione per raccontare una storia vera, che riguarda tutti noi, genitori o figli. È cambiato il mondo, quindi sono cambiati figli e famiglie? «Per secoli è la famiglia stata il pilastro della nostra comunità, il luogo dove crescevano i figli, si curavano i vecchi. Poi è arrivato il benessere e tutto è, pur lentamente, cambiato. La famiglia si è scoperta fragile, incapace di essere luogo autorevole e coerente». Perché educare è come lavorare: stanca... «Come tutte le cose belle educare è difficile, non è un mestiere per invertebrati. C'è stata una involuzione antropologica: prima si pensava a far mangiare i figli, a curarli, a dar loro una legnata quando disubbidivano. Oggi sappiamo che non basta dare cibo e che picchiare non è elegante e quindi ci siam trovati poveri». Quindi quale è il punto debole nell'educare i figli? «Pensare che non servano coerenza, fermezza, in una parola, autorevolezza. Invece nelle famiglie di oggi, quelle che passano insieme non piú di 40 minuti al giorno, i genitori sembrano arrendersi, concedono tutto ai figli per paura di sentirsi rifiutati o solo per senso di colpa. In questo modo danno tutto ai figli ma tolgono loro i desideri». E che ruolo ha la scuola? «È un pezzo della comunità che contribuisce all'educazione dei ragazzi, così come fa il sindaco, il vigile urbano, il preside...ognuno dà il suo esempio e se non rispetta la legge o le norme, sicuramente sarà diseducativo». Quindi gli adulti hanno sfasciato il passato e creato la «Sfamiglia»? «Educare significa "accompagnare", voler rischiare di credere nell'altro, avere coraggio, proprio come amare». Avere coraggio anche di dire «no»? «Certo. I figli di oggi sono fisicamente più belli, hanno più ricchezza, ma sicuramente hanno una libertà eccessiva ed immotivata. Come si può tollerare l'idea che sia diventato normale che una ragazzina a 15 faccia le 5 di mattina nei locali o per strada?». Così fan tutte... «No, non mi dica quello che dicon tutti! Non si può giustificare, nè delegare. Educare comprende una fatica, il fatto che non vogliamo far fatica, porta a pensare che nenahce i nostri figli debbano farla». Dove stiamo andando? «Venti anni fa il problema era il figlio scapestrato, l'eroina, l'anoressia. Oggi è il disagio dell'agio e le famiglie con problemi sono invisibili». Il consiglio di Paolo Crepet «Fare cose semplici: prendiamo i grandi maestri, rispolveriamoli e leggiamoli, perché dicono cose semplici e sensazionali che aiutano a pensare, cosa anormale in un mondo di automatismi, dove essere diverso è molto più che un rischio. Il mio libro contiene spunti e riflessioni attorno alla prova più determinante che dobbiamo affrontare: il nostro comune futuro, ovvero l'educazione e la crescita delle generazioni nuove».

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