"Porto in scena l'Abruzzo"
Michele Placido sta ultimando «Il fiore del male» con Kim Rossi Stuart e Valeria Solarino, oggi madrina del Mediterrante Festival di Bari (5-12 novembre). Oltre al film, che racconta la vita di Renato Vallanzasca (il quale ha partecipato anche alla sceneggiatura), Placido lavora ad una rielaborazione per il teatro di «Fontamara», ispirato al testo di Ignazio Silone. Qual è la genesi di Fontamara? «Il mio lavoro teatrale prende spunto da Silone per poi avvicinarsi alla tragedia abruzzese. Silone stesso ha vissuto il dramma del terremoto di Avezzano durante il quale perse la madre e tre fratelli. Il testo che metteremo in scena a Roma, al teatro India ed a Milano al Parenti, nel prossimo marzo, evoca l'Abruzzo, si sofferma sul carattere forte degli abruzzesi, ne mette in evidenza il coraggio dimostrato nell'affrontare una tragedia di quelle proporzioni. Abbiamo già fatto una prova dello spettacolo all'Aquila ed è piaciuto molto, tanto che faremo altre tappe per la tournée». Crede che la fiction televisiva abbia ridotto la fruizione del cinema da parte degli italiani? «Una certa fiction ha ucciso un certo cinema. Consideriamo la tematica della mafia, ad esempio: un tempo era affrontata per il grande schermo solo da registi bravi, oggi se ne occupa la tv ma non sempre ne è all'altezza. Risultato: il cinema ha perso la possibilità di raccontare meglio molte storie». Sembra ci sia un revival della commedia.. «Questo genere a mio parere si realizza molto bene al cinema dove trova ancora spazi. Penso alla commedia di Brizzi e di Muccino. Ed è un genere gradevole. Io stesso ho partecipato con piacere al film "Oggi sposi" con Luca Argentero». Qual è il suo rapporto con la tv? «Seguo poco il piccolo schermo perché lavoro. Preferisco restare nella mia realtà. Ma la politica in tv mi appassiona molto. Non mi piace però il poco rispetto che c'è negli ultimi tempi tra le parti che si confrontano nei talk show. Il pubblico gradisce il dibattito politico e sociale, mettiamolo però in condizioni di comprenderlo fino in fondo, senza il sovrapporsi delle voci ed il parlarsi addosso». Sarebbe favorevole ad una maggiore brevità in tv? «Certo, e non solo sul piccolo, ma anche sul grande schermo. Penso, ad esempio a festival specifici per i cortometraggi come quello di Capalbio di cui sono stato ospite che andrebbero incentivati perché nell'essere brevi si manifesta la vera professionalità. In tv soprattutto bisognerebbe non pensare sempre al proprio ego». Il degrado della tv è irreversibile? «Il problema è legato alla tv pubblica che ha perso la propria funzione, insegue gli ascolti e fa concorrenza a quella privata. Questo ha portato al degrado. Bisognerebbe pensare alla privatizzazione, dando in appalto il piccolo schermo pubblico a persone in grado di garantirne la qualità».