Leone forever
Non si è chiuso il baule dei sogni di celluloide di Sergio Leone. Dalla location del Parco della Musica nei giorni del Festival del Cinema foto e fotogrammi del geniaccio romano che resuscitò il western moribondo in Usa si sono trasferiti nel luogo deputato, Cinecittà. Così quattro grandi film di Leone - nato 80 anni fa, morto 20 anni fa - rivivono in cento fotografie inedite. Sono «Il buono, il brutto e il cattivo», «C'era una volta il West», «Giù la testa», «C'era una volta in America» le quattro pellicole reindagate dagli scatti di Angelo Novi. Ma c'è pure la vita privata di Leone (un patriarca capriccioso, che si portava appresso la famiglia, come una carovana, sui set). Ecco allora il regista che mostra a Claudia Cardinale come impugnare il fucile (C'era una volta il West, 1968). Eccolo baciare, quasi strozzandola, Maria Monti in «Giù la testa» (1971). Eccolo con gli interpreti che fece diventare divi: Clint Eastwood, Lee Van Cleef, Gian Maria Volontè, Klaus Kinski. Leone li dirigeva con il corpo, entrava fisicamente in ognuna delle sue maschere, come un camaleonte che lascia intravedere se stesso in ogni fotogramma. La mostra, a ingresso libero (Cinecittàdue Arte Contemporanea, viale Palmiro Togliatti 2, orario 11-19.30) è curata da Gian Luca Farinelli, direttore della Cineteca di Bologna. Ed è un viaggio in bianco e nero che restituisce dettagli, segreti, atmosfere del western all'italiana. E del grande immaginario di Leone, che erano poi gli States. Scrisse in un articolo ritrovato recentemente nel suo archivio: «L'America era stata sognata dai filosofi, dagli utopisti, dai vagabondi e dai disperati della Terra molto prima che venisse scoperta dalle navi spagnole e popolata dai coloni di mezzo mondo. Gli americani l'hanno presa soltanto in affitto. Se non si comportano bene, se il livello mitologico si abbassa, se i film non funzionano più e la storia viene addomesticata, possiamo sempre sfrattarli. O scoprire un'altra America. La concessione può sempre essere ritirata». L'altra America per lui fu un altro western. Scrive Farinelli nel catalogo alla rassegna: «La rivoluzione che Leone stava apportando al moto del West non era solo narrativa. Era anche visiva. Per la prima volta gli spettatori videro un West realistico, multietnico, sporco, povero, attraversato da figure irragionevolmente violente, ma abitato anche da Dei che attraversano paesaggi mozzafiato». Che non erano in America. Ma in Spagna.