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C'è Lorenzo o come dicevan tutti Renzo, la "cofana" luminosa di Lucia e l'abbronzatissima Monaca di Ponza.

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Chinon ricorda Tullio Solenghi, Anna Marchesini e Massimo Lopez rimasticare la storia di Renzo e Lucia? Era il gennaio 1990 quando inchiodarono davanti la tv l'Italia del sabato sera. Poi le loro strade si divisero, scegliendo di separarsi quando ancora si volevano bene. «Per questo tutti vogliono vederci di nuovo assieme. Perché non abbiamo fatto in tempo a invecchiare, né a litigare, né a passare di moda», risponde all'unisono il Trio che promette di farvi sbellicare dalle risate. Che dire della telenovelas “I Cornudones” con Bella Figheira e Alonso Gilberto Jimenez Perito Per Aria? Del telegiornale con il professor Shaufus e la traduttrice pasticciona? Di 80° Minuto con le formidabili imitazioni di Paolo Valenti e Tonino Carino? Memorabili anche le imitazioni di Gheddafi, Khomeyni e Arafat. Ma com'è nata l'idea di lavorare a una parodia de “I Promessi Sposi” di Alessandro Manzoni e qual è stata la difficoltà maggiore incontrata nel realizzarla? «L'idea è nata da una coincidenza di input – risponde Tullio Solenghi -; il primo ci venne dalla notizia che la Rai aveva intenzione di rifare i Promessi Sposi con la regia di Nocita, dopo la versione storica in bianco e nero di Sandro Bolchi. Il secondo ci venne da una gita sul lago di Como, durante una lunga permanenza di un nostro spettacolo al teatro Nuovo di Milano. I luoghi della vicenda e la notizia tv, coniugate insieme ci portarono alla classica "lampadina che si accende" e così nacque l'idea della parodia. La difficoltà maggiore fu quella di convincere le maestranze che noi esigevamo lo stesso rigore che avrebbe richiesto una versione ortodossa del capolavoro manzoniano. Stessa maniacale attenzione per la scelta delle location, dei costumi, delle comparse, ecc... Dopo un inizio con qualche difficoltà, alla fine la troupe si sintonizzò sulle nostre richieste, e tutto filò liscio». Nello sceneggiato pensato come un frullato di soap opera, show televisivo, teatro, musical e varietà, si fa il verso al Manzoni. Deliziosi i camei di Pippo Baudo nel ruolo del dottor Azzeccagarbugli, Wanna Marchi nei panni della venditrice di unguenti contro la peste e del mitico Giuliano Gemma (doppiato come nei film western, malgrado recitasse in italiano) a fare El Gringo. Molti gli spunti e le gag, talvolta più raffinate e sottili, altre volte più forzate, con l'inserimento di canzoni "rivisitate" (come nelle vecchie parodie del Quartetto Cetra) e con gli stupendi travestimenti dei tre attori in diversi personaggi (mitica la monaca di Monza con i baffi). Battute in sequenza, come quelle scambiate fra Piero Badaloni, giornalista del Seicento, e l'onorevole Andreotti, capace di vedere nella peste la soluzione al problema annoso della disoccupazione: «Facendo i dovuti calcoli nella nostra nazione verrebbero a liberarsi dai tre, quattro, cinque, anche seicentomila posti di lavoro. Bé, una bella botta, direi! Rob.Mar.

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