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Maazel per Rabin

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LorenzoTozzi Sono trascorsi 14 anni da quel 4 novembre del 1995 in cui un attentatore estremista interruppe a un tempo la vita di Yitzhak Rabin e l'avviato processo di pace tra israeliani e palestinesi. A memoria di quel tragico evento il 15 novembre al Parco della Musica Lorin Maazel, sul podio della Symphonica d'Italia e del Coro dell'Accademia ceciliana dirigerà nella Sala S. Cecilia un Requiem del tutto singolare. Solisti di canto il soprano Maria Luigia Borsi, il tenore americano Thomas Studebaker, il mezzosoprano Hadar Halevy e la folksinger Karen Hadar. La partitura, scritta dal compositore israeliano Dov Seltzer, fa risuonare lo shofar, strumento musicale ebraico, e tre colpi di timpano ad evocare i tre colpi di pistola dell'attentato. A promuovere il concerto è l'Associazione Amici del Museo di Israele a Gerusalemme presieduta da Marilena Francese: lo scopo è quello di realizzare un'integrazione tra culture diverse attraverso lo studio dell'arte in età verde. A illustrare la singolare partitura (come è noto il Requiem appartiene alla tradizione cattolica) è lo stesso compositore. «Nella tradizione ebraica non esiste qualcosa di analogo al Requiem - racconta Seltzer - Vi sono però canti per i morti, ma volevo esprimere qualcosa di più grandioso. Per questo ho scelto di fare un Requiem, prendendo testi analoghi a quello della Messa di morti. Invece del Dies irae c'è, ad esempio, una preghiera medioevale che evoca il giorno del giudizio. Ma il mio è un Requiem quasi laico, perché oltre alle preghiere e ai passi della Bibbia ci sono anche passi di poeti laici sia antichi che del nostro tempo. Per il Gloria ho usato testi che inneggiano all'eroe, perché per noi Rabin è stato l'eroe della pace, avendo lottato molto per la pace». Questa prima italiana è stata preceduta da due esecuzioni a partire dalla prima di Tel Aviv nel 1998, seguita da quella della New York Philharmonic. «Dopo Metha a Tel Aviv e Masur a New York - racconta sempre il compositore - ancora un grande direttore che inizia per M come Maazel. E chissà che la prossima volta non tocchi anche a Muti. La forma è importante in questo Requiem: da una parte c'è il lutto e il dolore, la rivolta contro la violenza e la speranza di pace, l'ammirazione per un grande uomo».

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