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Gabriele Simongini «Cesellatore del ferro, orologiaio del vento, domatore di belve nere, ingegnere ilare, scultore del tempo, architetto inquietante.

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Conpoche parole Jacques Prévert ha tracciato un ritratto perfetto di Alexander Calder (1898-1976), l'artista che ha rivoluzionato la scultura liberandola dalla forza di gravità e trasformandola in inno poetico alla leggerezza, all'aria, al movimento. Lo si vede bene nella magnifica mostra antologica che gli dedica da oggi e fino al 14 febbraio il Palazzo delle Esposizioni, curata dal nipote dell'artista, Alexander S.C.Rower e primo evento inaugurato dal nuovo presidente dell'Azienda speciale Palaexpò Emmanuele Emanuele. Di fronte alle oltre 160 opere presentate, si ha l'emozionante sensazione di interagire con veri e propri organismi viventi che danno vita a un'altra natura, parallela a quella reale. Si passa accanto al «mobile» (così battezzò le sue opere in movimento il geniale Duchamp) del «Piccolo ragno» (1940) e improvvisamente le sue esili e fragilissime zampette si muovono aprendosi verso il visitatore che le ha innescate col suo semplice passaggio, spostando l'aria. Oppure si resta incantati a guardare, sospeso nel vuoto, un mirabolante «Glass Fish», un pesce fatto solo di fil di ferro e di pezzi di vetro colorato, per poi incontrare, anch'essa in movimento, una semplicissima ma miracolosa «Raffica di neve». E come non sorridere stupiti di fronte a Romolo, Remo e la lupa fatti di fil di ferro, letteralmente disegnati nell'aria? Stava per diventare ingegnere, Alexander Calder, quando un'apparizione improvvisa gli cambiò la vita: imbarcato su una nave diretta in Sud America, durante una strana alba vide sorgere ad Est un sole rosso come il fuoco e dalla parte opposta brillare, in perfetto equilibrio, una luna d'argento, lucente come una moneta. Qualche mese dopo diventò artista inventivo come pochi altri, una bizzarra via di mezzo fra un ispirato fabbricante di giocattoli e un meticoloso orologiaio, artefice di meccanismi stupefacenti e simili a poetici pianeti. Nessuno scultore si è avvicinato con leggerezza e profondità alle fonti della vita quanto Calder, anche quando ha creato sculture monumentali come molti «stabiles» (questa volta la definizione è di Jean Arp) che sembrano gigantesche radici uscite dalla terra o strani dinosauri colorati.

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